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La Live Nation colpisce ancora

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sonisphere_2015_poster_milanoIl giorno della festa della Repubblica a Milano, Assago per la precisione, molti italiani hanno festeggiato la 69° ricorrenza levando al cielo i loro migliori improperi indirizzati al solito e unico destinatario: la Live Nation. L’ultimo concerto, in ordine di tempo, organizzato dalla Live e che tanto sta facendo discutere il web, come dicono quelli delle testate di serie, è la data italiana del festival internazionale Sonisphere, tenutosi l’anno scorso a Roma, quello precedente in Fiera Milano, a Rho, e quest’anno alla Assago Arena, a seguito del cambio in corsa di location avvenuto circa un mese prima della data programmata a causa dell’Expo. Le accuse, le proteste, gli improperi o, più correttamente, le roboanti bestemmie degli sfortunati astanti si stanno comprensibilmente muovendo in tutte le direzioni possibili, ma ciò che più lascia basiti è che la maggior parte di esse inerisca la sicurezza e la salute. Ora, per meri motivi personali, nessuna delegazione di Metal Skunk ha potuto presenziare all’evento Metallica/Faith No More (ma c’erano pure i Meshuggah e i Gojira che, pur non essendo tra le nostre band preferite, non sono proprio gli ultimi stronzi) e qui si sta tirando un sospiro di sollievo, perché difficilmente avremmo potuto tollerare un’altra Capannelle. Chi se la ricorda la data dei Metallica del luglio scorso? Noi ce la ricordiamo benissimo, Roberto ne scrisse anche un pezzo carico di tutte quelle sensazioni umane, vere e veraci, che molti ragazzi e ragazze avranno probabilmente sperimentato sulla propria pelle il 2 giugno ad Assago. Per quel pezzo, che al momento non troverete linkato perché abbiamo pensato fosse opportuno occultarlo per evitare ulteriori problemi (e adesso capirete di cosa cazzo sto parlando), per quel pezzo, dicevo, Roberto è stato querelato! Eh, già. Proprio così. Adesso io devo stare molto attento a quello che scrivo perché il modo di rispondere alle critiche di certuni siniori è la querela e, per quanto la cosa di Roberto finirà a tarallucci e vino come spesso accade in questo paese, non mi va di caricarmi anche di questa rottura di palle. Nondimeno, non ci si può impedire di fare cronaca, no?

La Live Nation Entertainment è un colosso americano che ha sede in California, fattura svariati miliardi di dollari, ha sedi sparse in tutto il mondo e conta oltre 6.000 impiegati (dati del 2011); per coglierne le reali dimensioni operative, sappiate che quella italiana da sola fattura 100 milioni di euro (fonte: Il Sole 24 Ore) e ingurgita il 25% degli incassi totali derivanti da concerti e manifestazioni su territorio nazionale, incluse quelle di piazza, feste di paese, sagre del ciauscolo o del puparulo imbuttunato (fonte: Assomusica). I restanti 300 milioni di euro sono spalmati su 120 altri players maggiori e minori. La Live Nation Italia, quindi, è un po’ l’asso piglia tutto della situazione. Bene, ne siamo lieti. Si aggiunga al quadro strettamente finanziario della faccenda quello sociale: il 2013 (sempre fonte Assomusica) ha visto un incremento di concerti, quindi escluse le sagre del puparulo e tutto il resto, del 26%, con un aumento di pubblico del 5% e si prevede per quest’anno un ulteriore incremento di quattro punti percentuali sul fatturato. Ciò significa che dei circa 16 milioni di euro previsti la Live italiana, se tutto va bene, ne intascherà circa quattro. Ottimo e abbondante.

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Chi bazzica il mondo delle aziende o, più semplicemente, chi legge le pagine economiche dei giornali, sa che il fatturato non è un dato assoluto e non coincide con gli utili netti che potrebbero, dunque, anche essere negativi per via, ad esempio, di costi di gestione degli eventi maggiorati, di minori sponsorizzazioni, della burocrazia, degli ingaggi degli artisti che non vendono più cd e quindi trovano la propria fonte di reddito più cospicua proprio in sede live, o per via di un sacco di altri motivi. Ci sta, stacce. Poi c’è l’indotto: alberghi, ristoranti, treni, corriere, compagnie aeree, ambulanti, chioschetti, bibitari napoletani, cingalesi o di qualsiasi altra razza. Un cospicuo giro di denaro. Voi – noi – cari metallari, di tutto questo siamo solo una goccia nel mare magnum del business concertistico, perché la Live, sapevatelo, si occupa principalmente di artisti popolari. Facciamo, però, sentire il nostro peso specifico in occasioni tipo quella del Sonisphere quando ci presentiamo in oltre ventimila, quarantamila, cinquantamila, col nostro portafoglio gonfio di buoni sentimenti e i nostri animi carichi di audaci speranze.

Il pubblico metallaro è vario ed eterogeneo, si sa; c’è quello che bazzica solo locali di zona e club underground, quello che va a vedersi i Metallica a Milano e poi c’è quello che non disdegna né l’una né l’altra cosa e poi, magari, va pure all’Agglutination, al Fosch Fest e supera i confini nazionali per sbarcare in Francia (Hellfest) e Olanda (Roadburn) carico degli stessi buoni sentimenti e audaci speranze dei nostri colleghi milanesi o degli sventurati colleghi di Capannelle l’anno scorso. Andando in giro ti fai una certa esperienza di concerti e capisci cosa si dovrebbe fare SEMPRE e cosa non si dovrebbe fare MAI. Per esempio: non si dovrebbe MAI “sequestrare” il pubblico all’interno dell’area del concerto e si dovrebbe SEMPRE rendere accessibili acqua e servizi, soprattutto d’estate, e adeguare SEMPRE lo spazio a disposizione al numero di partecipanti attesi e dunque al numero di biglietti venduti, garantire SEMPRE vie di fuga adeguate alla fiumana di gente e così via, per i motivi che non devo starvi a spiegare e che solo delle scimmie che si lanciano i propri escrementi addosso non riuscirebbero a comprendere. Sono questioni che attengono la sicurezza di un evento e la salute di chi vi partecipa.

Ora chiediamoci, bambini miei, quali sono i doveri di un organizzatore di concerti? Il buon senso mi dice:

  • Uno: garantire la sicurezza dei partecipanti;
  • Due: preservare la salute dei partecipanti;
  • Tre: mettere i partecipanti in condizione di godere dell’evento, di divertirsi, ed esprimere i propri buoni sentimenti nei modi più congeniali ma consentiti dalla legge.

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Per una serie di motivi non concordo con chi lamenta la scarsa qualità dell’audio in un festival perché, è brutto a dirsi ma è così, questo accade quasi sempre e anche fuori dai confini di questo paese che tanto vi divertite ad insultare. Non concordo nemmeno con chi lamenta spintoni e, in generale, situazioni di disagio dovute al comportamento audace di altri partecipanti: sei a un concerto metal, amico/a, non alla sagra del carciofo alla giudia, ricordalo sempre e se non sei d’accordo cambia musica. Sul capitolo sicurezza e salute, però, faccio ancora fatica a farmene una ragione. Al netto di tutte le difficoltà possibili e immaginabili, degli eventi imponderabili, del cavolo di Expo, al netto anche di quei quattro idioti che vanno ai concerti solo per fare casino e dei criticoni di professione, degli ignoranti e di quelli che fischiano ai gruppi di spalla, al netto di tutto questo schifo, faccio fatica a comprendere come un organizzatore di concerti, leader di mercato, che fattura quello che fattura, che si presuppone abbia un’esperienza enorme maturata nel corso degli anni e quindi un’organizzazione aziendale adeguata allo scopo, a sentire le innumerevoli critiche sul web, non riesca ancora a definire gli spazi minimi utili alla vita di chi va a vedere un concerto, a calcolare le quantità di viveri da mettere a disposizione e renderle accessibili, a non riuscire a trovare alternative al “sequestro di persona” all’interno di quel medesimo spazio insufficiente e dalle risorse idrico-alimentari difficilmente reperibili (“sequestro di persona”, ovviamente, inteso in senso atecnico e indicante difficoltà riscontrate dal pubblico di entrare/uscire dal pit e dall’area del concerto). O forse tutto ciò non fa parte dei doveri di un organizzatore e abbiamo frainteso tutto? A chiusura di tutto ciò c’è poi l’aspetto ben poco marginale del divertimento; eh sì, perché nessun dottore ci ha prescritto di partecipare a questi eventi e se il disagio è maggiore del divertimento, allora niente più ciccia e punti percentuali per nessuno. (Charles)



MORBID ANGEL: il codardo Trey Azagthoth si riprende Steve Tucker

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Trey is excited to announce that he and Steve Tucker are working together again for Morbid Angel and the next record will certainly be an amazingly sick world beater (dalla pagina facebook dei Morbid Angel).

Ma vaffanculo, vah (reazione a caldo del sottoscritto).

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“Poi tra tre anni richiamo David Vincent e facciamo un disco tra bluegrass e turbofolk”

Leggo sull’internet che Trey Azagthoth si è ripreso Steve Tucker (nel frattempo datosi da fare con i noiosissimi Warfather) nei Morbid Angel. Si arguirebbe, di conseguenza, che si sia rotto il sodalizio con il figliol prodigo David Vincent, con il quale aveva scritto lo spettacolare Illud Divinum Insanus, l’album heavy metal più bello e importante del decennio, a stare stretti. Vincent ha però dichiarato che non ha abbandonato i Morbid Angel né nessuno gli ha chiesto di farlo. Non si è capita ancora bene la situazione, quindi. L’unica cosa certa è che non è più della partita il batterista Tim Yeung, il cui abbandono, ha spiegato lui stesso, è legato a divergenze di carattere economico. Non credo che Azagthoth possa riuscire a convincere Pete Sandoval a tornare. Sarebbe bello ma ormai Pete Sandoval è uscito di testa appresso a Cristo. Un altro che avrebbe dovuto continuare a drogarsi. Al momento non si conosce nemmeno la sorte del quarto membro dell’ultima formazione, Destructhor dei Myrksgog, ma tanto pure che mettono al suo posto il chitarrista di un gruppo a caso che si esibisce alle due del pomeriggio a un festival sfigato di fronte a venti ubriachi non se ne accorge nessuno. A questo punto non sarebbe un’idea malvagia richiamare pure Erik Rutan, che tanto gli Hate Eternal non azzeccano un disco dal 2005.

In attesa che la situazione si evolva, condanniamo con forza questa scelta vigliacca e disonorevole che fa piazza pulita di quello che è stato il più grande contributo dei floridiani alla cultura occidentale dopo Altars Of Madness: la filosofia radikult, che stava iniziando pure ad assumere una sorta di linea politica basata sull’odio per le guardie e la legalizzazione dell’MD. The radikult are here to stay, ci avevano promesso. E invece, amici miei, arrivi a un certo punto nella vita, come dice lo scrittore basco Juan Bas nel suo fondamentale Trattato sui postumi della sbronza, nel quale, verso i 35 anni, ti rendi conto che tutto è falso. Living hardcore radikult era un’utopia alla quale concedere le residue speranze di palingenesi ma tutte le grandi utopie, come ci insegnano Proudhon e Varg Vikernes, si sono dovute scontrare con la crudele realtà. Il prossimo disco sarà quindi death metal standard e riprenderà il discorso da Heretic che, per carità, era pure un bel disco ma non c’erano i KILL A COP, i FALCOOOR, e gli A-O-AH, non era roba memorabile come Illud Divinum Insanus, un abisso nel quale mi sono specchiato molte più volte di quanto sarei disposto ad ammettere, senza finire mai di interrogarmi sulla sua totale insensatezza, sul suo essere probabilmente il disco più sbagliato della storia dell’heavy metal. Altro che Never Say Die, altro che Virtual XI, altro che St. Anger, che era solo una rottura di palle, laddove Illud Divinum Insanus non smette mai di divertire e appassionare, come il migliore Alvaro Vitali. Diavolo, questo blog ci ha campato un anno su Illud Divinum Insanus e sullo stile di vita hardcore radikult, che ha ormai una sua autonomia semantica che trascende le intenzioni dei suoi profeti, un po’ come accadrà con BUBUBU.

La mia fiducia nel genere umano è scarsissima ma non mi attendevo cotanto disdoro. Quando ho appreso dell’ignominiosa resa mi sono venute subito in mente, per associazione, le magliette che indossava Grunf, l’ex aviere nazista del Gruppo Tnt. “Noi tireremo dritto fino alla prima curva” o “Una ritirata strategica è meglio di una disonorevole sconfitta“. I Morbid Angel di Illud Divinum Insanus sarebbero stati benissimo su Alan Ford, peraltro.

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Trey Azagthoth accoglie in sala prove la nuova line-up dei Morbid Angel

Potevano tenersi Vincent e fare un disco death vagamente sperimentale tanto per metterci una pezza e avremmo conservato per loro un rispetto assoluto. Non solo non avevano mai rinnegato Illud Divinum Insanus ma avevano reagito con signorile nonchalance all’esondazione di merda che li aveva investiti dopo la sua pubblicazione. Siti e profili facebook zeppi di meme, la migliore parodia in assoluto della sequenza di Hitler che sbrocca ne La Caduta, decine di articoli di Metal Skunk. L’album che verrà sarà sicuramente carino e dignitoso ma non sarà qualcosa di cui scriveremo per mesi, i cui tormentoni rievocheremo nelle situazioni sociali più inappropriate, che recupereremo senza motivo ad anni di distanza. Ma non importa. La new religion evocata nella memorabile Too Extreme! è ormai così pervasiva da poter fare a meno dei suoi profeti. The radikult are here to stay (yay). Perché – e questo non ce lo potrà togliere mai nessuno – qualunque cosa accada, noi continueremo a vivere hardcore radikult. (Ciccio Russo)


IRON MAIDEN: leggere i segni in THE BOOK OF SOULS

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La notizia più importante è che Bruce Dickinson sta bene ed è guarito dal cancro. La presentazione di The Book of Souls, che era già pronto da un po’, era stata ritardata proprio in attesa che si sapesse qualcosa di più circa le condizioni di salute del cantante. Ebbene, l’universo mondo giornalistico ha già provveduto a diffondere il lancio del sito ufficiale, limitandosi perlopiù a tradurre quanto riportato, quindi sarete già tutti abbondantemente informati sul cosa ci aspetta: un’ora e mezza di torture chiusi dentro un’arrugginita Vergine di Norimberga. Che il nuovo, doppio album degli Iron Maiden, operazione mai tentata prima, possa nei fatti essere qualcosa di diverso da una tortura è la speranza in cui tutti riponiamo fede ed essendo l’ultima a morire faremo il possibile per sopravvivere ad essa. In attesa che nuovi e più emozionanti dettagli ci vengano svelati, non possiamo che dire qualcosa sui due elementi che al momento risultano disponibili: il nuovo Eddie e il logo.

Il sesto membro del gruppo si diceva tanti anni fa, quando i Maiden avevano il numero giusto di chitarre. Intuizione iniziale di Rod Smallwood, primo e più importante manager degli inglesi negli anni ‘70, Eddie the Head, insieme ad un logo accattivante e riconoscibile, rappresenta una delle chiavi del successo degli Iron Maiden. Un volto con cui non si voleva identificare uno zombie o cose del genere, anche se quello di oggi ne ricorda le fattezze e l’attuale, preponderante, moda delle soap opera per casalinghe depresse, tipo The Walking Dead, potrebbe portarci a pensarla così, ma semplicemente un volto umano scarnificato. Senza voler fare troppa storia, 35 anni dopo la sua prima apparizione nella penombra di un pericolosissimo vicolo (Running Free), l’Eddie di oggi ci appare in primo piano, come in una foto segnaletica, ma senza la sua bella cresta punk. Quella, infatti, era la prima intenzione del suo disegnatore storico, Derek Riggs, cioè trovare qualche similitudine con l’immaginario punk ma adattandole al contesto heavy metal. “Volevo dipingere una figura semi scheletrica che si aggirasse nelle vie di Londra”, diceva Riggs, affinché, cambiando da disco a disco, potesse diventare, come è avvenuto, il marchio di fabbrica più importante dell’HM. L’ultimo Eddie nasce dalla mano di Mark Wilkinson che già aveva collaborato coi Maiden e pure con i Judas Priest (sua fu la realizzazione della nuova estetica dei Priest di Jugulator). La nuova copertina è minimale e, senza starvi a leggere chissà quali significati, sembra voler ricordare proprio l’Eddie del primo album, ricalcando un po’ lo stile Riggs. Poi ci diranno a cosa si sono ispirati ma nel frattempo ricordiamo pure che Eddie nelle intenzioni del suo creatore, da sempre contrastanti da quelle di Harris & Co, non doveva avere nessuna connessione coi testi dei vari dischi. Queste sue idee e la sempre maggiore insistenza con cui i Maiden gli chiedevano (ai tempi di No Prayer for the Dying) di raffigurare il mostro mentre spaccava delle cose, lo porteranno ad allontanarsi dal gruppo. Un peccato mortale, perché gli ultimi Eddie sono veramente orripilanti: quello di The Final Frontier assomiglia troppo a Predator e non parliamo di quello di Dance of Death la cui copertina, la più brutta mai fatta per i Maiden, fa talmente schifo che anche il suo (presunto) autore, David Patchett, ne disconobbe la paternità. L’ultima produzione veramente bella (come pure il cd che racchiude) è quella di Brave New World che esce dalle mani del ripudiato Riggs, guarda un po’; una speciale menzione anche per l’Eddie del best of Edward the Great, di Tom Adams.

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Finalmente il logo con le punte!” ho letto da più parti. Sì, cazzo, finalmente. Tutti i veri fan dei Maiden gioiranno di questa piccola e insignificante riconquista. Il logo con le punte, con la R, le N e la M che superano la linea del testo, era stato abbandonato, insieme al concetto di buon gusto, nel lontano 1998 con Virtual XI per tornare in qualche sporadico best of e nel live Flight 666. Quello piatto era veramente inguardabile. E poi il logo originale non è una cosa affatto banale; viene anche prima di Eddie, secondo me, nell’identificazione della band ed ha, diciamo così, nobili origini. Ricordiamo che Harris lo disegnò copiando ispirandosi alla locandina del film di fantascienza L’uomo che cadde sulla Terra, con David Bowie, che data inizi del 1976, in corrispondenza, dunque, della costituzione della band. Nota per i maideniani più feticisti: prima ancora, il particolare carattere era stato abbozzato sulla copertina di Green Eyed God, primo e unico album dei proggers inglesi Steel Mill, datato 1972.

Visto che è stato citato Brave New World, ricordiamo pure che questo doppio album è stato registrato negli stessi studi parigini in cui nacque l’ultimo gran disco degli Iron Maiden. Speriamo che almeno questa coincidenza significhi qualcosa. (Charles)


Radio Feccia #17

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John-Bush

Ora che mi sono reso conto che somiglia a Nunzio Lamonaca, gli voglio ancora più bene

Non ho voglia di recensire il nuovo ARMORED SAINT ma ascoltatelo

La title-track, uscita come singolo, è spettacolare, il resto del disco non ha altri sussulti analoghi ma resta gradevolissimo. Va detto che con me Win Hands Down vince a mani basse a prescindere perché faccio parte della schiera dei tifosi di John Bush che ci erano rimasti malissimo per la reunion degli Anthrax (che, va ricordato, hanno da poco pubblicato un pezzo dedicato a Cersei Lannister per la compilation di Game of thrones) con Joey Belladonna. Perché, spero siate d’accordo, Bush Worship Music lo avrebbe cantato meglio, alcuni pezzi, tipo The Giant o I’m Alive erano proprio suoi, che cazzo.

MORBID ANGEL: e alla fine David Vincent è fuori

Prima dei social network non avremmo assistito a manfrine del genere. Dopo giorni passati a giurare ai suoi seguaci su facebook che non era fuori dai Morbid Angel né nessuno gli aveva chiesto di andarsene, nonostante Trey Azagthoth avesse nel frattempo annunciato il ritorno di Steve Tucker, David Vincent ha da poco annunciato di essersi fatto una chiacchierata con il chitarrista e di aver rilevato “incompatibilità nel lavorare insieme”. Il comunicato, in fondo, lo fa uscire da signore, ma che lo fosse lo avevamo già capito dalla bonaria indifferenza con la quale aveva reagito alle reazioni apocalittiche seguite alla pubblicazione di Illud Divinum Insanus:

“Trey e io abbiamo fatto cose meravigliose insieme negli scorsi trent’anni e gli auguro il meglio con i suoi progetti futuri. Per il rispetto dell’eredità di questi traguardi, chiedo ai fan dei Morbid Angel di non schierarsi, perché io non lo sto facendo”.

Magari tornerà ai Genitorturers del suo amore di sempre, Gen. Il prossimo disco dei Morbid Angel sarà probabilmente carino ma non ci baseremo il blog per un anno come con Illud Divinum Insanus.

Anneke ha fatto uscire un box di quattro cd con l’opera omnia degli Agua de Annique

Non ci frega nulla degli Agua de Annique, anzi, ci fanno pure cacare, però, per me che sono milfista-leninista, lei è sempre più bella:

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Qualcuno sentiva il bisogno di un ulteriore disco dei FEAR FACTORY?

Io no. Mechanize, l’album uscito dopo che Burton C. Bell e Dino Cazares si erano rimessi insieme alla facciaccia dei poveri Herrera e Wolbers (che in teoria sarebbero ancora negli Arkea, i quali dopo il debutto del 2009 non hanno tuttavia fatto nulla), non era male. Era stato forse il disco dei Fear Factory che avevo ascoltato con maggior piacere dai tempi di Obsolete. The Industrialist, però, era abbastanza una rottura di palle. Comunque tra un po’ esce Genexus. Al basso è arrivato un tizio del giro dei Brujeria. È uscito un pezzo in anteprima ma è un’inutile stronzata.

Basta new age, ora lo yoga si fa con il drone doom

Leggiamo sul Guardian che a New York è nato un gruppo di meditazione yoga dove invece della solita new age di merda con le voci degli uccelletti e l’acqua che scorre, si ascoltano drone, experimental ambient, depressive black metal, post-rock e cose così. L’idea è stata di Kimee Massie, maestra di yoga e metallara che spiega come questo genere di musica “ti scuota i chakra ma in una maniera particolare, gira tutto intorno alle sensazioni che ti dà, sia dal punto di vista sonoro che emozionale”. Io so appena cosa sia lo yoga e non conosco manco il significato preciso della parola ‘chakra’, quindi non ho nulla di particolarmente intelligente da aggiungere e vi rimando all’esaustivo articolo pubblicato dal quotidiano britannico, che avrà i suoi difetti ma è in assoluto la testata generalista al mondo che parla di metallo con la frequenza e la competenza maggiori.

Il prossimo numero di Orfani si chiama Death Metal

In precedenza erano usciti episodi intitolati War Pigs e Rock’n’roll. Quasi mi dispiace seguire già la serie perché ciò mi impedisce di acquistare l’albo solo per il titolo. Recchioni i riferimenti al metallo li infilava già in John Doe. Qualche anno fa aveva persino scritto un albo di Dylan Dog dove l’old boy andava a vedere i Motorhead. Lemmy su Dylan Dog, attenzione. In un numero più recente fa addirittura ascoltare gli Slayer all’indagatore. Gobble gobble one of us!

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MEGADETH: anteprima dal disco dei fuoriusciti Chris Broderick e Shawn Drover

Andatisene una volta compreso che il cattivo Dave Mustaine non avrebbe lasciato scrivere loro manco mezzo accordo, il chitarrista e il batterista, due quarti della formazione più stabile che i Megadeth avessero mai avuto dai tempi di Cryptic Writings, sono stati sostituiti rispettivamente da Kiko Loureiro degli Angra (mindfuck dell’anno) e Chris Adler dei Lamb of God e hanno messo su un gruppo, gli Act of Defiance (che già così sembri una cover band sfigata degli Exodus) insieme al cantante degli Scar The Martyr e al bassista degli Shadows Fall. Throwback, primo estratto da Birth And The Burial, fuori su Metal Blade ad agosto (se cacciano già un full, o avevano parecchia roba in archivio o l’hanno scritto in sei giorni), non è brutta ma è il solito thrashettone moderno all’americana con il coro pulito e gli assoloni che ci interessa quanto un seminario sui risvolti antroposofici del campionato di cricket cingalese.

ELECTRIC WIZARD: Mark Greening fa causa e Time To Die viene ritirato dai negozi

Il batterista dei doomster inglesi, che noi continuiamo ad amare acriticamente qualunque cosa facciano, è uscito dal gruppo per la seconda volta poco dopo la pubblicazione del recente Time To Die, che a noi era peraltro garbato di molto. In sostanza Greening accusa gli ex sodali di non avergli dato tutti i soldi che gli spettavano per le registrazioni del disco e il suo avvocato è riuscito a ottenere il ritiro dell’album dai negozi di dischi superstiti, il che conta relativamente perché te lo puoi sempre comprare su internet a metà prezzo, però la storia resta piuttosto grottesca (sui due piedi non mi vengono manco in mente casi analoghi). Jus Osborne aveva raccontato che Mark non era più buono dal vivo. Stefano Greco, che li ha visti allo scorso Hellfest, mi ha detto che sul palco hanno perso la bussola comunque e io mi fido ciecamente di Stefano Greco.

Vabbè, sentiamoci Win Hands Down, che spacca. Arimortis. (Ciccio Russo)


AC/DC: Phil Rudd condannato a otto mesi di domiciliari

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Proprio nel giorno della tappa italiana del tour degli Ac/Dc (io non ce l’ho fatta ad andare a Imola, sigh), il tribunale di Tauranga, Nuova Zelanda, ha condannato Phil Rudd, al momento sostituito sul palco dal redivivo Chris Slade, a otto mesi di arresti domiciliari per minacce di morte e detenzione di stupefacenti. Lo scorso aprile il batterista aveva confessato ed era stato prosciolto dall’accusa più grave, quella di tentato omicidio per procura. L’irrequieto musicista era finito nei guai per un paio di telefonate: in una aveva chiesto alla sua guardia del corpo di far fuori un suo ex dipendente reo di non aver promosso in maniera adeguata il suo album solista Head Job, nell’altra aveva minacciato direttamente l’interessato. Il legale di Rudd era però riuscito a convincere la corte che fossero solo sparate uscite fuori in un momento di rabbia. Considerando che il musicista rischiava comunque fino a sette anni, non se l’è cavata malissimo. L’avvocato, Craig Tuck, aveva provato a chiedere la libertà vigilata spiegando che la condanna avrebbe impedito al suo cliente di partecipare alla seconda parte del tour mondiale della band. L’inflessibile giudice Thomas Ingram, secondo quanto riporta il Guardian, avrebbe replicato che in fondo “i Queen avevano rimpiazzato Freddie Mercury“, quindi gli Ac/Dc ce la potranno pur fare con Chris Slade.

Il guaio è che, oltre a dover restare confinato nella sua tenuta con un braccialetto elettronico, Phil Rudd dovrà pure disintossicarsi.La malvagia toga puritana ha infatti deciso di sottoporlo a esami continui e ha minacciato di sbatterlo in galera se nel suo sangue verranno trovate tracce di droga o alcol. Ci auguriamo che la misura repressiva sia limitata solo alla metanfetamina perché se mo’ il povero Rudd dovrà farsi otto mesi in casa senza nemmeno poter fumare le canne (il suo primo arresto avvenne proprio per possesso di marijuana), significa davvero voler essere nazisti fino in fondo. Giudice Ingram, almeno le puttane in casa gliele lasci ricevere, però, non si aspetterà che si dedichi al giardinaggio e ai cruciverba come un pensionato qualsiasi. (Ciccio Russo)


Radio Feccia #18

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I CYNIC divorziano

Il secondo capitolo del libro dei Cynic è giunto alla conclusione“. Giovedì scorso Sean Reinert ha annunciato lo scioglimento dei Cynic sulla pagina facebook del gruppo nel bel mezzo del tour, dopo le date giapponesi. Secondo il batterista, gli “attriti” con Paul Masvidal erano arrivati a un livello tale da rendere impossibile portare avanti la band. Reinert parla di “divergenze artistiche e personali”. “Non c’è modo, dal mio punto di vista, di salvare, ricostruire o mantenere a galla i Cynic in alcuna maniera“, dice. Intanto, con questo scherzetto, sono saltati sia i concerti in Cina e Taiwan che l’intera tournée europea che avrebbe dovuto svolgersi a ottobre.

Paul Masvidal, ha risposto dal suo profilo e ha affermato che Sean non si era consultato né con lui, né con il bassista Sean Malone prima di proclamare lo split. Masvidal spiega che i Cynic continueranno “in qualche modo” e che sta cercando un batterista per riuscire a recuperare qualche show in Europa. “Onestamente sono sollevato che finalmente sia finita perché negli anni era diventata dura ma sto anche cercando di capire come posso salvare questo tour (con un nuovo batterista), perché il danno che sta causando Sean tirandosi fuori all’ultimo momento è inconcepibile“. In barba a tutti i bei discorsi su meditazione trascendentale, yoga e buddismo, è nata pure una polemica da quindicenni sul fatto che Masvidal accusa Reinert di avergli levato l’amministrazione della pagina facebook del gruppo, cosa che il batterista smentisce. Perché gente che si suppone adulta non capisce che internet non è la sede appropriata per risolvere queste storie?

È assai probabile che i GUNS’N’ROSES si riuniscano l’anno prossimo

Slash ha dichiarato qualche settimana fa di essere “tornato amico” con Axl Rose che, nel frattempo, aveva buttato fuori casualmente tutti e due i chitarristi: Dj Ashba e Bumblefoot, che io ancora devo capire bene chi diamine fossero. Era impossibile che, facendo due più due, le voci di reunion di parte della formazione storica non si diffondessero in maniera frenetica. Il bassista della cover band di Axl che al momento mantiene il nome, Tommy Stinson, ha confessato di recente di “non avere la minima idea” di che stia succedendo. Al suo posto preparerei le valigie: appare scontato che, qualora Slash e Axl si rimettano insieme sul serio, Duff McKagan, rimasto in buoni rapporti con entrambi, sarebbe della partita. Da parte sua, il povero Steven Adler ha dichiarato pochi giorni fa che, se mai ci sarà una reunion, lui sarà l’ultimo a saperlo. In effetti Matt Sorum sta in forma ed è più affidabile, per quanto Adler mi faccia simpatia. Per la seconda chitarra chissà. Blabbermouth si pregia di farci sapere che, in tutto questo, il fratello di Slash se ne è uscito con uno sbrocco su facebook dove smentiva, non si sa a che titolo, la possibilità di una riconciliazione e insultava Axl dandogli del “ciccione bastardo”, che più che un insulto è una constatazione. Poi è stato costretto a scusarsi. Magari è un altro indizio.

KIKO LOUREIRO molla gli Angra per stare a tempo pieno nei MEGADETH

Al suo posto avrei lasciato il piede in due scarpe.

immortal2015band_638Gli IMMORTAL si riformano senza Abbath

Quando Abbath aveva comunicato di voler continuare l’attività live senza gli altri membri degli Immortal avevo pensato che, semplicemente, la band si fosse sciolta ma lui volesse continuare ad andare in giro dal vivo. Il frontman ha poi spiegato di essersi separato dagli altri perché costoro sono ormai sposati con figli e non possono più provare tre volte a settimana come vorrebbe lui. Un mese fa, però, Demonaz ha annunciato di aver riformato gli Immortal con Horgh dopo una lunga disputa legale intorno ai diritti sul nome. Demonaz, di fatto era fuori dal ’97. È da At the heart of winter che appare nei crediti solo come autore dei testi e non suona live con il resto del gruppo. Si era rifatto vivo musicalmente qualche anno fa con un disco solista invero bellissimo, più bathoryano di quello che erano diventati nel frattempo gli Immortal di Abbath. I due hanno annunciato un album su Nuclear Blast la cui data d’uscita non è stata ancora fissata. L’esordio solista di Abbath sarà invece fuori a gennaio su Season of Mist. Bah.

I DECAPITATED in causa con la EARACHE, ritirati dal mercato i primi quattro dischi

Il gruppo death metal polacco fa sapere che, nel bel mezzo di una disputa legale per questioni di quattrini, la Earache ha ritirato dal mercato fino a nuovo ordine i primi quattro album dei Decapitated, usciti all’epoca per la casa discografica britannica. Winds of Creation, Nihility, The Negation e Organic Hallucinosis non sono quindi più disponibili nei negozi, negli store online e sulle piattaforme streaming come Spotify. La vicenda ricorda un po’ quella che ha coinvolto pochi mesi fa gli Electric Wizard, con l’ultimo Time to Die tolto dagli scaffali a causa di un procedimento legale avviato dal batterista Mark Greening, buttato fuori subito dopo le registrazioni perché, sostengono gli ex compagni, non più in grado di garantire una prestazione decente dal vivo.

La Sony compra la CENTURY MEDIA

Quella che è, o almeno è stata, la maggiore etichetta metal europea entra nell’orbita della divisione Music Entertainment del colosso giapponese, la cui quota nel mercato discografico degli Stati Uniti sale così al 33,6%. Non sono stati rivelati i dettagli economici della faccenda ma, secondo le consuete fonti ben informate, la Sony avrebbe sborsato 20 milioni di dollari per la label tedesca, che genererebbe ancora un fatturato di 12 milioni di dollari, non pochissimo nel 2015.

Mini report: FRIZZI 2 FULCI @Planet, Roma, 11.09.2015

Un paio di anni fa Fabio Frizzi ha avuto la meravigliosa idea di mettere su un set basato sulle colonne sonore che aveva scritto per i film di Lucio Fulci ai bei tempi. Ha fatto il tutto esaurito a Londra, si è esibito in Usa, da Austin al Beyond Fest di Los Angeles. Non so se sia la prima volta che suona a Roma ma quel che è certo è che non si poteva mancare. La band di supporto è composta per la maggior parte da membri visibilmente metallari. Alla voce c’è Giulietta Zanardi. È tutto fantastico. Si va da I quattro dell’apocalisse a Luca il contrabbandiere, sempre con montaggi dei relativi film proiettati alle spalle dei musicisti. I momenti di estasi mistica sono ovviamente quelli legati alla trilogia zombesca. Su Zombi 2 alzo il braccio, faccio le corna e canto UOHOUOHOUOHOOOO-OOOO. Si va a casa con L’Aldilà è viene la lacrimuccia. Lucio, ci manchi. A un certo punto sale sul palco Cinzia Monreale. È del ’57 ma è ancora bellissima, dimostra al massimo quarant’anni e non appare visibilmente rifatta. Deve essere la formaldeide di Buio Omega.

sk_frizzi


Radio Feccia #19

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Bolt-Thrower-Martin_Kearns

Remember the fallen: Martin Kearns (1977-2015)

Il batterista dei Bolt Thrower è morto nel sonno lo scorso 14 settembre a soli 38 anni. Era entrato nella band nel ’94, appena diciassettenne (da qui il soprannome ‘Kiddie’), dopo che Andrew Whale aveva lasciato la baracca al termine delle registrazioni di …For Victory. Kears uscì temporaneamente tre anni dopo, costringendo i deathster inglesi a rivolgersi a un session di lusso come Alex Thomas per le registrazioni di Mercenary, è tornò nel ’99. Fiero nemico dei trigger, incise con i Bolt Thrower gli album Honour – Valour – Pride e Those Once Loyal, ultima testimonianza in studio della mitica formazione di Coventry, il cui silenzio discografico ormai decennale è motivato dal rifiuto di proporre materiale che non sia all’altezza delle prove precedenti. Ragionassero così tutte le vecchie glorie…

Il cantante dei SABATON costretto a farsi 500 km a piedi dopo aver perso una scommessa

Come si fa a non adorare quell’irresistibile cazzone di Joakim Brodén? Capisco come i più true tra voi possano stigmatizzare la perversa passione che io e Charles nutriamo per i Sabaton ma è anche grazie a questo genere di storielle che vogliamo loro bene. In sostanza è accaduto che, dopo aver perso una non meglio specificata scommessa con i compagni di band, il carismatico frontman si è impegnato, per onorarla, a percorrere a piedi i 515 chilometri che separano Fulan, la sua città natale, da Trondheim, dove gli svedesi si esibiranno il 1 ottobre.

“Era iniziato quasi come uno scherzo ma è diventato presto una roba abbastanza seria”, ha spiegato il nostro idolo, che ha iniziato l’ardita impresa la settimana scorsa, “ora mi riposerò per qualche giorno. Ho contattato via facebook alcuni fan che mi hanno fornito cibo e riparo”. Pensate che ficata ospitare Joakim Brodén. Tutta la notte a bere e a infilarsi cose nel naso. Comunque questi episodi dimostrano quanto i Sabaton siano persone serie e coerenti. Ci sono tanti membri di gruppi black che blaterano di morte, distruzione e supremazia e poi, nella vita reale, si cacherebbero sotto pure di fronte a un gatto che gli soffia contro. Invece Joakim, cantando di epiche storie di guerra e di gesti di virile ardimento, non poteva certo tirarsi indietro di fronte a una bazzecola come farsi 500 chilometri a piedi tra le gelide foreste nordiche, esposto alle intemperie e agli assalti delle bestie feroci, riscaldato solo dal sacro fuoco del metallo che scorre nelle sue vene.

A questo link un documento video che testimonia l’eroico cimento.

ktbKARMA TO BURN @Sinister Noise, Roma, 17.09.2015

Credo che i Karma To Burn siano in assoluto il gruppo che ha goduto di più live report su Metal Skunk, quindi ogni volta è sempre più difficile trovare qualcosa di intelligente da scrivere su quella che è senza dubbio una delle band più spettacolari del pianeta. Una band che suona pezzi strumentali con numeri al posto dei titoli ma i cui riff ti ricordi come se fossero ritornelli dei Depeche Mode. Oh, fantastico, fanno Twenty una delle mie preferite. E canti il riff. Ah, questa è Fifty Seven, però non è la migliore dell’ultimo, secondo me. E canti il riff. IL RIFF. I Karma To Burn sono IL RIFF. Con l’uscita contemporanea dei sobrissimi Rich Mullins e Rob Oswald qualcosa si è perso, almeno a livello di impatto scenico. Il bassista, da allora, è già cambiato due volte e al posto di Rob Halkett dei The Exploited (che avevo visto in azione durante la serata al Traffic) è arrivato uno spilungone di mezza età con la maglia degli Helmet. William Mecum si è tatuato i quattro mori sul polso. Dopo le maglie della birra Ichnusa sfoggiate più volte dal vivo, un’ulteriore dimostrazione di amore per la mia terra – dove si è esibito più volte, Duna Jam incluso – che non può non commuovermi. Watt, sudore e adrenalina: concerto perfetto come sempre. Mi sono perso gli Elephante, che aprivano e avevo già avuto modo di apprezzare in passato. Il secondo gruppo di supporto, i viterbesi Gorilla Pulp, non è affatto male. Hard’n’roll solido e pestone, dall’impatto molto aggressivo. Hanno qualcosa dei Corrosion Of Conformity meno HC e tengono decisamente fede al nome. La stagione live capitolina non poteva iniziare nel migliore dei modi. Lunga vita al Sinister Noise.

Diario romano

A proposito, vediamo cosa riservano le prossime settimane ai residenti dell’Urbe. Questo sabato al Traffic c’è lo Shut Up! Fest, cartellone composito e tutto italiano con Lili Refrain, L’ira del baccano, Tsubo e Profiles in Terror. L’appuntamento davvero imperdibile per i seguaci del capro arriva però giovedì 1 ottobre, quando il locale sulla Prenestina ospiterà i Venom Inc., in sostanza la formazione di Prime Evil, con Mantas, Abaddon e Tony Dolan. Sarà interessante fare il confronto con la prestazione dei Venom di Cronos, che ho visto di recente al Rock Fest e un po’ mi hanno deluso. Di spalla nientemeno che i Vader, alle prese con una scaletta old school. Il giorno prima in teoria ci sono i Machine Head all’Orion ma sinceramente sticazzi. Domenica appuntamento obbligatorio con i Valient Thorr all’Init. Poi lunedì 5, come se già il ritorno in ufficio non fosse pesante, un atroce dubbio attanaglierà tutti i narcosatanisti della Capitale: Monolord al Traffic o Planet of Zeus al Sinister Noise? Dopodiché si starà tranquilli fino a metà ottobre, quando in una manciata di giorni arriveranno God Is An Astronaut (14/10, Orion), Marduk (15/10, Traffic), Trick or Treat (17/10, Traffic) Leaves’ Eyes (18/10, Traffic), Fatso Jetson (19/10, Sinister) e Orphaned Land in acustico (23/10, Traffic). Ai più tough segnaliamo gli show di Negative Approach (9/10, Traffic) e Agnostic Front (20/10, Traffic) nonché il Go! Fest il 17 ottobre al CSOA Spartaco: un bordello di gruppi, per lo più grind e powerviolence, tra cui i vecchi Corrosive dalla Germania e gli ubiqui Buffalo Grillz. Si conclude il 30 in relax con i Sadside Project al Sinister.

Ci salutiamo con il nuovo lyric video dei Grave, che tornano a metà ottobre col nuovo Out Of Respect For The Dead e ci sembrano abbastanza in forma. Statemi sani ma non troppo. (Ciccio Russo)


Radio Feccia #20

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the endUltimo tour dei Black Sabbath e (presunta) unica data italiana

Impossibile non principiare dalla news del momento: l’ultimo tocco di campana che gli italiani potranno udire in terra patria sarà in quel di Verona il 13/6/2016 (sbizzarritevi pure sui significati numerologici), la cui Arena, che di solito è palcoscenico di splendide opere liriche, sarà questa volta testimone di un evento a tinte decisamente più scure ma, almeno per noi metallari, di ben pari livello. La notizia riguardo quello che sarà l’ultimo tour dei BLACK SABBATH fu comunicata qualche mese fa da un Ozzy che contestualmente informava il mondo circa le sue intenzioni di continuare con la carriera solista, a prescindere dal destino che Satana, aggiungiamo noi, avrebbe stabilito per i Sabs. Ci sarà anche un successore di 13 e l’uscita è prevista sempre per il 2016. Triste è il constatare la, pare definitiva, assenza di Ward, che ha chiuso nel peggiore dei modi il rapporto coi suoi ex colleghi, tra insulti, frecciatine di basso livello e avvocati. Se sarà veramente l’ultimo tour/disco solo gli déi del metal potranno dircelo (nel dubbio io ci vado); se si terrà effettivamente la data italiana programmata (o invece verrà annullata come al solito), solo a quei geniacci di monopolisti della Live Nation è dato sapere… I biglietti per “The End – The Final Tour” all’Arena verranno messi in vendita a partire dal 2 ottobre. Fate voi.

In Abbath we trust

Noi vogliamo tanto bene al signor ABBATH; senza la di lui costante ispirazione questo blog avrebbe molto meno senso di esistere. Come già anticipatovi sulla nostra bellerrima pagina facebook, il signor Abbath, che qualche mese fa ha detto addio ai suoi Immortal, a causa di qualche scazzo interno ma lasciando l’uso del nome della band a Demonaz, ha messo su un progetto solista che porta il suo nome e che vede in formazione l’ex bassista dei Gorgoroth, Tom Cato Visnes “King”, e un tizio mascherato da satanasso che si fa chiamare Creature. Il primo brano disponibile è Fenrir Hunts e potete ascoltarlo qui. Però a fare il vero botto è il set fotografico fatto dai tizi di Metal Hammer che hanno trascorso una giornata in compagnia del nostro eroe, fotografandolo mentre si aggira per le strade di Londra. Ne sono venuti fuori un divertente report e una gallery fotografica che resterà negli annali del black metal. Eccone un piccolo assaggio:

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My pagan ancestors call my name

Alla notizia che i KAMPFAR avevano messo in streaming un brano dal nuovo album Profane (in uscita il 13 novembre prossimo), Roberto ha subito tentato di riesumare il corpo congelato di Michele Romani dalla sua tomba di ghiaccio, sita in una grotta nel punto più a nord delle isole Faroe; ma invano. Lo spirito notturno di Mighi ci ha fatto comunque sapere che questo pezzo non è male ma “pare che la magia dei primi Kampfar si sia un po’ persa” e ora “sembrano una band come tante”. Direi che non ha senso aggiungere altro.

E vi portate a casa un’altra foto di Abbath:

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Nuova roba anche dai bimbi di Bodom e dai Varathron

Non ascolto un disco dei CHILDREN OF BODOM dal lontano 2000, anno di Follow the Reaper, disco che mi era piaciuto ma che sembrava già una cacchetta a confronto del precedente e soprattutto del geniale esordio della band. Cosa siano diventati oggi non lo so. Questo è il nuovo pezzo da I Worship Chaos che dubito qualcuno qui dentro ascolterà per intero. Invece, presterò sicuramente molta attenzione all’EP The Confessional Of The Black Penitents dei greci VARATHRON, che succede al ‘credibile’ Untrodden Corridors of Hades con tre brani inediti, la cui prima anticipazione, al momento, non mi dice né benissimo né male. La speranza che venga fuori qualcosa di buono però resta perché il loro miglior lavoro, a mio personalissimo parere, resta proprio l’EP The Lament of Gods. NOTA PER LA REDAZIONE: ‘a regà, guardate che pure Walpurgisnacht compie vent’anni. Qualcuno si ricorda in quale mese è uscito?

Chiudiamo in bellezza con un po’ di Italia e con una notizia a cui tengo: è pronto il nuovo album dei livornesi ELDRITCH. Underlying Issues, fuori nei primi giorni di novembre, seguirà i due veramente ottimi Gaia’s Legacy e Tasting the Tears, album che hanno visto la band ringiovanirsi nel suono e indirizzarsi verso un approccio più semplice, diretto ed efficace. In un rapido scambio di battute, Terence Holler ci fa sapere che il titolo del disco, disturbi sottostanti, come la copertina, parla chiaro e intende che ognuno di noi, “sotto una faccia di normalità e ottima forma, può nascondere problemi che da fuori non si vedono”. Le lyrics, infatti, prendono spunto, come sempre negli Eldritch, da situazioni di vita vissuta e lo stile, ci dice sempre Terence, “è una summa degli ultimi due dischi, suona di impatto e aggressivo nei riff ma melodico e diretto nelle vocals”. (Charles)

Eldritch



Mi piaccion le sbarbine: Dave Ellefson produce una band di minorenni

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                                 “Lo so che non conviene ma poi chi si trattiene…”

A tutti piacciono le minorenni, per questo c’è una legge“, rifletteva Daniele Luttazzi, sempre che non abbia fregato pure questa a Letterman. E l’amore per le fanciulle in fiore è sempre stato un tema molto presente nell’hard rock, soprattutto in tempi meno oscurantisti di quelli attuali, dai Kiss di Christine sixteen agli Ac/Dc di Love at first feel, da Wang dang sweet poontang del mitico Ted Nugent a Rock queen dei Love/Hate, dove la protagonista del brano di anni ne ha addirittura tredici e capisco che qua siamo un po’ al limite. Certo, se Jizzy Pearl cantasse oggi una roba come let me touch your cookies/ let me eat your cookies now rivolto a una classe 2002 si ritroverebbe la SWAT in casa.

Dave Ellefson, cresciuto nei ruspanti anni ’80, non si trova molto a suo agio con questo irrigidimento dei costumi. Conscio delle pesanti responsabilità sociali comportate dal suo ruolo di pastore luterano, il bassista dei Megadeth ha pertanto deciso di contribuire a un rilancio del filone jailbait producendo un gruppo di ragazzine di età compresa tra i 15 e i 19 anni, tali Doll Skin. Con un nome del genere, sta venendo barzotto pure a Nabokov sottoterra.

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In sostanza Ellefson ha appena fondato una sua etichetta, tale Emp Records, affiliata addirittura alla Megaforce, la cui prima pubblicazione sarà l’ep di debutto di queste sbarbine dell’Arizona. Il dischetto si chiamerà In Your Face e lo so a cosa state pensando, pornografi che non siete altro. Che Ellefson abbia fondato l’etichetta apposta per circuire le giovinette è evidente e gli va pertanto tutto il nostro rispetto. E, dalle allusive dichiarazioni rese a Blabbermouth, sembra pure che ciò gli abbia già fatto buon pro:

“Quando mi presentarono per la prima volta le Doll Skin, mi resi conto di avere per le mani qualcosa di speciale. Lavorando con loro come produttore, è diventato poi ancora più evidente quello di cui sono capaci queste ragazze. Lavorare con loro è molto eccitante”.

Hai capito il vecchio porco? Bravo, Dave, ma lasciane un po’ pure a noi, che sei un born again (per quanto non fuso come Dave Mustaine, che però è fuso di suo a prescindere dalla religione) e dovresti sapere bene cosa dice il Vangelo sul fatto di condividere cristianamente con il prossimo.


Fuori dalla mia fottuta proprietà: onorare il Veterans’ Day sparando ai ladri di bestiame

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La posizione ufficiale di Metal Skunk sul candidato preferito per la Casa Bianca è senz’altro Hillary Clinton: guerrafondaia, assetata di sangue, spietata, crudele, capace di accogliere con una risata la notizia della morte di Gheddafi, Hillary è davvero la persona più vicina a SATANA che mi venga in mente. In South Park raffiguravano Saddam come la puttanella di Satana; adesso probabilmente raffigurerebbero Satana come la puttanella di Hillary Clinton. Quindi su Metal Skunk sperano tutti che la signora Clinton vinca a mani basse e faccia sprofondare il mondo nel desolato incubo dell’apocalisse nucleare, perché non ci meritiamo nient’altro. Una presidenza di Hillary Clinton sarebbe il sogno bagnato di Nathan Explosion, Miika Luttinen e G.G. Allin, e non ci possiamo perdere l’occasione di essere testimoni dell’Armageddon.

Io però sono in disaccordo con i miei compagni di merende di MS. A me piace Donald Trump. Come saprete, io non ho completato la scuola dell’obbligo, mi scaccolo ai semafori e mi piace guardare lo sport sprofondato in poltrona bevendo birra e ruttando; dunque è perfettamente comprensibile che un buzzurro analfabeta come me parteggi per Trump. Ma è così, che ci posso fare: per quanto mi ci sforzi, proprio non riesco a non farmi stare simpatico il vecchio Donald. È un mondo difficile. Dovrebbero fare una legge apposita per quelli come me, una bella Legge Mancino su misura, ma in assenza di essa io mi trovo costretto a continuare a pensarla in modo sbagliato e socialmente sconveniente, quindi abbiate comprensione verso il mio povero cervello atrofizzato.

I Five Finger Death Punch sono grossomodo l’equivalente metallaro di Donald Trump. Stanno sul cazzo a tutti, fanno una musica che più AMERICANA non si può, pompatissimi, sempre sopra le righe, le photosession con le armi da fuoco in mano, le dichiarazioni strafottenti, l’attitudine. I Five Finger Death Punch sono Donald Trump, Walt Disney, la Coca-Cola, i missili Tomahawk, John Wayne che fa il culo agli indiani, Indiana Jones che fa il culo ai nazisti, Luke Skywalker che fa il culo alla Morte Nera, Jack Bauer che fa il culo ai terroristi. Rappresentano quell’America con il mito degli anni ’50, quando tutto era più semplice e si poteva sparare col fucile a canne mozze a qualsiasi canaglia venisse a rubarti le vacche senza che poi nessun blogger con gli occhiali ti rompesse i coglioni. Quell’America arretrata e ignorante che appunto vota Trump, poveri stolti!, quell’America socialmente non impegnata che vorrebbe solo vivere in pace nel suo ranch, andare a caccia la domenica e guardare un film la sera con i propri cari, per cui il mondo esterno semplicemente non esiste e quindi non si sognerebbe mai di, tipo, firmare petizioni per rovesciare nel sangue questo o quel crudele dittatore di uno Stato ricco di petrolio e con la banca centrale nazionalizzata, mannaggia. Hanno la loro fottuta proprietà, le loro vacche, la loro famiglia e, per essere sicuri di non perderle, hanno pure un bel fucile FN SCAR-L 5.56 sempre carico sotto al cuscino. La gente illuminata e mentalmente aperta chiaramente ne fa il proprio zimbello, e in tutta risposta loro rispondono con atteggiamento strafottente. “Se non ti piaccio ti giri dall’altra parte”, si dice al mio paese, ma loro penso aggiungerebbero “e se poi insisti troppo occhio che ho un ottimo fucile d’assalto nel bagagliaio della mia Hummer”

FEUER FREI

FEUER FREI

Insomma, Donald Trump è nell’occhio del ciclone da quando ha dichiarato di voler correre alle presidenziali. La critica più infamante e gettonata è che è un rozzo cafone col parrucchino. Inoltre è sbagliato usare i propri soldi per fare la campagna elettorale. Bisogna indebitarsi fino alla gola con delle grosse lobby finanziarie, perché poi mica quelle ti chiedono indietro qualcosa, e comunque non c’è nulla di cui discutere perché Trump è un cafone col parrucchino. Trump non può chiaramente rispondere a tono, perché Hillary è in una posizione di netto vantaggio: non solo è sempre stata molto attenta a supportare e finanziare tutte le minoranze piagnucolanti come interisti, terroni e tagliagole moderati che moderatamente usano mangiare il cuore del proprio nemico per ottenerne la forza; ma soprattutto è una stretta amica del Demonio con la ferma intenzione di far esplodere il mondo e riderne, sempre stando attenta però a non offendere nessuna minoranza nel frattempo. Quindi come fa Trump a rispondere? È normale avere soggezione per un’espressione del Male così pura che non si vedeva dai tempi dei primi Malevolent Creation. Fortunatamente però può sfogarsi con gli altri candidati repubblicani, soprattutto Ben Carson, uno stimatissimo neurochirurgo che è creazionista e quindi deve continuamente subire le prese per il culo di Donald Trump che, ogni volta che quello asserisce di credere all’Arca di Noè e al serpente che parla, lo ridicolizza come il bullo delle scuole medie. “Come fai a credere che Satana si manifesti per mezzo di un serpente parlante, vorrebbe dirgli, quando lo sai anche tu che in realtà si manifesta per mezzo di una bionda assetata di sangue con la valigetta dei codici nucleari nella borsetta di ecopelle comprata al mercatino equo&solidale?”.

Anche i Five Finger Death Punch sono odiati. Lo scrissi anche nell’altro articolo: sono di gran lunga il gruppo più commentato su Blabbermouth, e l’80% dei commenti sono insulti, flame, minacce di morte, eccetera. Perché la gente se la prende con loro, che alla fine, possano o non possano piacere, sono un onestissimo gruppo di cazzoni che suonano pompando come se non ci fosse un domani, peraltro non inventando niente di nuovo ma ponendosi perfettamente nel solco di una tradizione ben precisa e identificabile del metal americano? Perché non se la prendono, non so, con gli Avenged Sevenfold o gli Huntress, che oltre a non servire a nulla sono fastidiosi proprio concettualmente? Invece se la prendono con i FFDP perché rappresentano l’Altro: non l’altro che viene da fuori, quello che non vedi o che non frequenti, e che è tanto romantico difendere; ma l’altro che hai in casa, con cui sei costretto ad avere a che fare, quello con cui devi concretamente venire a compromessi per stilare le regole degli spazi che frequenti, dalla scuola dei tuoi figli al Parlamento, e che potrebbe far sì che Donald Trump diventi il presidente della tua Nazione. Quindi il risultato è l’odio. E il modo strafottente con cui i Five Finger Death Punch affrontano questo carico di odio è tale da aumentare ancora di più il rancore verso tutto ciò che rappresentano.

Ad esempio qualche tempo fa il chitarrista Zoltan Bathory, un immigrato ungherese che si è ambientato benissimo, ha fatto un endorsement pubblico su Twitter per Donald Trump. Sapete che di solito le band non si espongono, o se lo fanno lo fanno per i candidati democratici, no? Ecco, tra tutti quelli che potevano fare un endorsement PROPRIO a Donald Trump dovevano essere PROPRIO i Five Finger Death Punch.

ladies and gentlemen, zoltan bathory

ladies and gentlemen, zoltan bathory

Sembra quasi che si divertano a fare salire la bile a quella gente. Me li immagino, a provare il nuovo mitra al poligono il sabato pomeriggio, che si raccontano i commenti più livorosi e ridono con la bocca aperta mentre sparano contro la sagoma con sopra la figura di Osama bin Laden.

Donald Trump invece non può permettersi un simile divertimento, innanzitutto perché suppongo che lavori 27 ore al giorno, ma anche perché è un candidato alle primarie repubblicane e non un gruppo rock di redneck tamarri. Quindi deve stare attento a quello che dice, anche se certe volte gli scappa qualcosa che in questo periodo storico è considerato sconveniente. Però, mutatis mutandis, risponde con una sicumera simile a quella dei suddetti redneck tamarri, tipo: “Ho detto quello che ho detto. L’America è fissata col politicamente corretto, ma io non ho tempo per queste cose: ci sono cose più importanti da fare”, oppure “Così tanti sciocchi politicamente corretti nel nostro Paese! Dobbiamo tornare a darci da fare senza sprecare tempo ed energie in cose prive di senso!”.

un'iperbole esplicativa

un’iperbole esplicativa

Il che, per la platea di blogger e autori televisivi che passa il proprio tempo a parlare della gaffe transfobica di un calciatore o della più efficace declinazione del genere femminile del sostantivo riferito al ruolo di presidente, è l’inferno, perché in questo modo lui stronca la discussione e manda tutti affanculo. Se avessi finito le scuole medie avrei un’altra opinione, e sicuramente mi sbaglio, ma a me sembra una cosa molto heavy metal. Certo anche Hillary Clinton è molto heavy metal, con visioni di milioni di corpi umani che bruciano e intere città rase al suolo e condannate a secoli di radioattività, ma un heavy metal diverso, diciamo. Io capisco che il mio pensiero è sbagliato, e me ne vergogno, e vi assicuro che di solito cerco di non esprimerlo in pubblico, alla stregua della mia fascinazione per i pentacoli, i caproni e i Freedom Call, ché certe cose è meglio che non si sappiano troppo in giro.

Ho voluto fare tutto questo preambolo per dire due cose: oggi è il Veterans’ Day ed è in giro da un po’ il nuovo disco dei Five Finger Death Punch, Got Your Six, che è il classico disco dei FFDP con due-tre canzoni da prenderci i muri a testate e le altre gradevoli, testosterone a tremila e quei suoni pompati come un lottatore di wrestling degli anni 80. FIVE FINGER DEATH TRUMPI FFDP, essendo rappresentanti di quell’America di cui si diceva prima, hanno da sempre parlato molto di truppe, di soldati, di veterani e di tutti quei poveracci che crepano a vent’anni in qualche buco di culo desertico per un motivo che non conoscono neanche loro, e sono andati a suonare nei campi-base in Iraq, in Afghanistan, in Kuwait e pure nei rifugi per veterani senzatetto. Perché in America c’è questo problema che prima mandano la gente al macello e poi, quando tornano, gli danno un calcio in culo e neanche l’assicurazione sanitaria o un meccanismo per entrare nel mondo del lavoro. Quindi ci sono decine di migliaia di veterani che vivono per strada o in condizioni che non esistono manco nei posti che sono andati a bombardare. Ricordate Rambo, no? Ecco, guerriglia finale a parte era un film estremamente realistico. I veterani sono sul lato sbagliato del paradiso, come recitava il titolo del precedente album dei Nostri. A questo discorso si ricollega il nostro grandissimo idolo Donald Trump che, non avendo avuto mai tempo per coltivare un’educazione raffinata e un vocabolario sempre all’ultima moda, dice che negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno sbagliato tutto e che era meglio prima, quando c’erano Gheddafi e Saddam e si stava abbastanza tranquilli e la regione non era preda di assassini tagliagole cammellari beduini figli di puttana che chissà com’è che sono così bene armati, mannaggia. Quindi vuole che i soldati tornino a casa e usino le proprie armi non contro il nemico immaginario in groppa a stu cammello ma contro quei farabutti che entrano nella tua proprietà per rubarti le vacche. Non so se sia giusto sparare con un fucile d’assalto ai ladri di bestiame, ma si può discutere se sia un male minore rispetto all’esportazione di democrazia. Che il vendicativo Dio dell’Antico Testamento benedica gli Stati Uniti d’America, ma soprattutto che ce la mandi buona alle prossime presidenziali.


… And injustice for all

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C’è poco da fare informazione. Ora che anche il mondo delle news metal ha subito l’infame contagio del gossip e che tra le cose più grosse che girano al momento ci sono, oltre ai vari tributi pagati da tizio e caio verso chi ci ha da poco abbandonato, le figurine degli Slippinotti, le solite birre rancide dei gruppi (che avete pure rotto il cazzo) e la reunion dei Ganserrosis, noi pensiamo che la notizia più importante sia quella relativa al recente acquisto fatto da Anneke Van Giersbergen, ovvero un paio di nuovi fiammanti stivaletti, la cui testimonianza fotografica suona ‘fap fap’ lontano un miglio. Lo so che state pensando “se da ragazzino avessi trovato un poster del genere nei paginoni centrali di Metal Shock non sarei uscito di casa per un mese”. Poi, i miei compagni d’arme mi informano su un fatto a dir poco sconcertante, che rasenta livelli di squallore mai visti e che se c’era tra di voi qualcuno ancora in curiosa attesa del nuovo disco dei Metallica mo’ gli faccio passare la voglia definitivamente.

La notiziola è questa: i nostri impavidi eroi avrebbero emesso una diffida legale verso una tribute band canadese, che si chiama Sandman, dall’uso del loro logo ufficiale stilizzato durante le apparizioni live. Come se questa cosa potesse garantire alla cover band chissà quali benefici oppure come se potesse in qualche modo mettere a repentaglio la stabilità economica del multiplatinato impero finanziario dei californiani.

Sulla veridicità della faccenda non giuriamo perché in passato, sulla scia della famigerata vicenda Napster, erano circolate storielle analoghe poi rivelatesi bufale. La fonte, però, è il chitarrista dei Sandman, Joe di Taranto, che sul suo profilo facebook pubblica una foto della missiva.

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Che coraggio, che prova di maturità, che veri imprenditori. Uccide più la penna (degli avvocati) della spada. Ma li mortacci. Tra i commenti fatti qui in redazione i più condivisibili sono quelli di coloro che propongono di fare il nuovo logo del blog in stile Metallica “così poi ci fanno causa e noi ne otteniamo un’esposizione enorme che tanto, alla peggio, la causa se la carica Bargone, che è abituato” e “(bestemmione) mi sembra il classico bambino ricco che ha tutti i giocattoli del mondo ma vuole anche l’unico trenino del poverello”. Certo, veramente, se vi mettete a fare causa a questi poveracci per un logo che cosa dovreste fare a gente come i Volbeat che scopiazzandovi da una vita ha creato una solidissima carriera musicale? And injustice for all. (Charles)

AGGIORNAMENTO: i Metallica hanno inviato un comunicato a Rolling Stone per spiegare che la vicenda è attribuibile unicamente a un “avvocato troppo zelante”, com’era del resto intuibile. Lars Ulrich avrebbe pure chiamato Di Taranto per dare ai Sandman la sua benedizione (Ciccio).


I D.R.I. annunciano un nuovo ep

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Si tratterà di una manciata di pezzi giusto per sondare il terreno” ha dichiarato Kurt Brecht. Ciò di cui siamo sicuri, per il momento, è che ci sarà un seguito al distruttivo Full Speed Ahead, ormai vecchio di vent’anni. Un’altra informazione di cui disponiamo riguarda lo stile dei pezzi: “sarà più old school hardcore, molto diretto e con chitarre meno ‘metalliche’. Io stesso sono più hardcore che altro, ma manterremo comunque alcuni aspetti del metal”. Ritorno alle origini, dunque? Quello che però il cantante dei D.R.I. tiene a precisare è che i loro show continueranno a proporre materiale da tutti i loro album. Io stesso ho un gran ricordo di una serata epica di qualche anno fa con Ciccio a Roma, dove portavano via la gente di peso dopo appena due numeri e dove suonarono una scaletta devastante e con un suono che era quello preciso di Thrashzone.

Che si mantenessero grazie alle attività live e al merchandising non era certo un segreto, vista la costante attività sul palco dei nostri. Il quartetto funziona infatti come una piccola impresa in cui ognuno si occupa delle differenti attività di promozione, dal booking alla vendita di gadget etc. È bello sentire l’entusiasmo di questa storica band, che ricordiamo fu responsabile dell’istituzione del termine “crossover” negli anni ottanta. “Penso che siamo fortunati” continua Brecht, “perché ci capita a volte di esibirci in una pizzeria con 50 persone e magari il giorno dopo dobbiamo essere in Colombia davanti a 100.000 persone. È una varietà di situazioni che non ci dispiace affatto”. E continua: “A volte quasi mi dispiace per quelle band che fanno il salto da i piccoli club alle grandi arene. E’ una sensazione unica quella di avere tutto il pubblico intorno a te, con la gente che ti spinge e tu che li spingi indietro a tua volta”. Credetegli, perché i loro show sono davvero distruttivi. E se capitano dalle vostre parti, non perdeteli!


Armonie d’Ellade: FRAGILE VASTNESS

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Stamattina, come spesso faccio, ho dedicato cinque minuti al controllo della “corrispondenza”, come si diceva una volta, sul mio smartphone. Solitamente l’operazione include anche una rapida scorsa al newsfeed di facebook. E tra le prime notizie ecco campeggiarne una che mi ha svegliato tutto d’un botto dal torpore mattutino. Dalla pagina dei Fragile Vastness, formazione prog metal composta da musicisti di estrazione classica e jazz e che era muta da diversi mesi, vedo un misterioso annuncio: Fragile Vastness – “Perception” (2016), recita la nota.

Nella foto compaiono i membri attuali della band greca e noto subito che il bravissimo George Eikosipentakis è stato rimpiazzato da una voce femminile, tale Elena Stratigopoulou. Ma la cosa che più colpisce è la distanza ormai più che decennale dallo stratosferico A Tribute to Life. Era infatti il 2005 quando il doppio album della formazione ellenica vedeva la luce. Un concept sulla fragilità della vita e sull’amore per essa che implicava una ricerca musicale impressionante, ben al di là di qualsiasi generica definizione. Progressive? Fusion, a tratti? Etnica? Potete chiamarla come volete, fatto sta che il disco, uscito come il suo predecessore Excerpts… Sulla semi-sconosciuta Sleazy Rider Records, fu a dir poco sconvolgente per il sottoscritto, che lo reputa per lo meno uno dei cinque album più belli della scorsa decade.

Superfluo dire che spero che chi di voi non li conosca ancora, faccio lo sforzo di andare sul loro profilo bandcamp e se lo senta, visto che è gratis. Ad ogni modo la notizia è che – non si sa quando, non si sa come – Perception vedrà la luce nel 2016. Il rischio di toppare dopo dieci anni c’è per chiunque. Ma loro non sono di questo pianeta, credetemi.


Jesper Stromblad non sta bene

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I The Resistance sono la cosa più bella accaduta nell’ultimo lustro agli appassionati del suono di Goteborg. Di fatto una reincarnazione dei Dimension Zero, con la vecchia coppia d’asce degli In Flames costituita da Jesper Stromblad, mente del progetto, e Glenn Ljungstrom coadiuvata da Marco Aro dei The Haunted alla voce. Due ep e due lp (l’ultimo dei quali, Coup de Grace, uscito appena lo scorso gennaio) che sono quattro bombe a mano e un suono che è stato replicato mille volte ma che solo chi ha contribuito a inventare poteva recuperare a vent’anni di distanza senza suonare stantio o risaputo.

Dopo l’abbandono di Ljungstrom, avvenuto lo scorso anno, la band ha comunicato due giorni fa anche l’addio del fondatore, dovuto purtroppo a una “lotta contro la depressione” che l’anno passato era tornata a riaccendersi, tanto da costringere il chitarrista a sospendere ogni attività, sia live che in studio (le parti di chitarra di Coup de Grace furono registrate dallo stesso Ljungstrom, in teoria già fuori dal gruppo, in luogo del sodale). Eppure Stromblad, in un’intervista rilasciata a Teamrock la scorsa estate, era sembrato avviato verso un recupero. “Combatto con una grave depressione e problemi di ansia da vent’anni, ho bevuto e rivomitato qualsiasi cosa sulla quale riuscissi a mettere le mani solo per soffocare il costante dolore sia nella mia anima spezzata che nel corpo“, aveva raccontato, “sto seguendo adesso un ottimo programma che mi riporterà a essere la persona che ero un tempo e sono molto positivo, non c’e’ dubbio che tornerò; combatterò i miei demoni fino al giorno della mia morte. Sono sulla strada giusta“.

Chi ha un po’ di familiarità, anche indiretta, con queste situazioni, saprà che l’alcolismo non è quasi mai una causa ma quasi sempre una conseguenza, un palliativo più rassicurante e affidabile di qualsiasi droga sul mercato. Se ogni giorno ti svegli e, appena ti alzi, senti un peso nel petto che ti ributta subito giù, e anche questa volta dovrai cambiare due autobus per andare in ufficio perché entrare in metropolitana è fuori questione, l’unica è bere. Se l’alternativa è andare da uno psichiatra e farti imbottire di psicofarmaci che ti ridurranno a una larva senza personalità, una cassa di birra e una boccia di scotch al giorno sono una scelta perfettamente razionale. Nel breve periodo mentre ragioni su come uscirne fuori, chiaro. Altrimenti le due cose si alimentano a vicenda e resti avvitato nel gorgo. Anche per sempre.

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Che i problemi con la bottiglia e l’ingresso in disintossicazione non fossero la ragione principale dell’uscita di Stromblad dagli In Flames nel 2010 lo aveva chiarito lo stesso musicista sul suo profilo facebook un paio di anni fa, correggendo in parte le affermazioni degli ex compagni, che non hanno mai chiuso la porta a un suo ritorno. “Sono su un percorso di vita totalmente diverso ora, non entrerò mai nei dettagli sul perché lasciai ma ci sono sempre una versione ufficiale e un’altra“, aveva spiegato, replicando alle domande dei fan, “ciò può rispondere anche alla prossima domanda: cosa ne penso del loro nuovo materiale. Ascoltare i The Resistance lo spiega un poco. Siamo semplicemente andati in direzioni diverse. Tutto il rispetto per gli In Flames e per il loro nuovo approccio ma per me erano un gruppo melodeath basato sui riff e le chitarre e non lo sono più. Sempre ottimi musicisti, non credo sbaglino ma non è la visione che avevo quando iniziammo”.

Divergenze musicali, quindi. Ma anche, sullo sfondo, l’ombra del male oscuro, che in molti non hanno la fortuna (o la determinazione, o il contesto, o le condizioni fisiche pure e semplici…) di riuscire a esorcizzare per sempre. Da parte mia, empatia sincera nei confronti di un musicista alla cui opera non sono, peraltro, mai stato nemmeno chissà quanto legato. Però sapete come funziona, siete metallari anche voi. (Ciccio Russo)


I Rammstein fanno causa al governo

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A lanciare la notizia è Deutsche Welle, il portale giornalistico sulla Germania in lingua inglese controllato dalla Ard, la Rai tedesca. I Rammstein hanno chiesto 66 mila euro di danni alla Bundesprüfstelle für jugendgefährdende Medien (un’agenzia del governo il cui nome, tradotto, suonerebbe come “Dipartimento federale per i media nocivi per i giovani”) per aver censurato, all’epoca dell’uscita, la copertina originale di Liebe ist für alle da, nel 2009. L’artwork ritraeva la band intorno a un catafalco in procinto di cibarsi di una fanciulla nuda ivi stesa con Till Lindemann pronto a menare un colpo di mannaia sulla malcapitata. L’agenzia la giudicò “immorale” e “brutalizzante”. I Rammstein furono costretti a distruggere 85 mila copie del cd e a ristamparlo con una nuova copertina che, nel nome della fuck you attitude, rappresentava solo la stanza con il catafalco vuoto, senza né la band né la ragazza. Il disco, inoltre, era stato “messo all’indice”, il che significava serie limitazioni pubblicitarie e, secondo il loro studio legale, minori vendite, almeno per i primi sei mesi, dopo i quali la corte regionale di Stoccarda annullò il verdetto del dipartimento in quanto non rispettava la libertà artistica dei Rammstein. Secondo il, diciamo, Tar del Baden-Württemberg, “la marziale ed esagerata rappresentazione della violenza è un marchio di fabbrica della band e questo genere di rappresentazioni sono così distorte da non poter essere considerate ‘eccessi di violenza realistici‘. Quello che non si capisce è perché il gruppo abbia fatto causa dopo sette anni. Se avete bisogno di soldi per ristrutturare casa, cacciate un nuovo disco, che diamine. L’udienza è prevista in estate.

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Se negli Stati Uniti il sangue non è un tabù, puoi tenere in giardino un mortaio antiaereo ma se si vede un capezzolo in televisione è un troiaio, in Germania è il contrario. I teutonici sono rilassatissimi in materia di sesso ma hanno qualche problemino in più con la rappresentazione della violenza, per ragioni storiche che sarebbe complesso sviscerare ma avrete presenti. Molti di voi ricorderanno la faccenda dei primi dischi dei Cannibal Corpse banditi e la stessa band che non poteva suonare dal vivo i brani di quegli album. Adesso, tuttavia, la situazione dovrebbe essersi tranquillizzata su quel fronte. Già dieci anni fa nei negozi crucchi il vinile di Tomb of the mutilated con la copertina originale lo avevo visto. Quantomeno ai Rammstein in Germania non potrà mai capitare di essere “arrestati per comportamento lascivo” come accadde a Lindemann e Flake nel ’99 nel Massachussets perché avevano simulato sul palco sesso anale con un fallo finto come spesso fanno quando suonano Buck Dich. (Ciccio Russo)

 



Il divorzio dei Leaves’ Eyes e lo stato del giornalettismo metallico online

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Due settimane fa Alex Krull (non ci crederete ma un tempo gli Atrocity erano un gruppo serio) ha cacciato la consorte Liv Kristine dai Leaves’ Eyes e ha reclutato al suo posto una ragazzetta finlandese, tale Elina Siirala. Siamo tutti d’accordo, spero, che non ce ne frega niente e che piuttosto che ascoltare un disco dei Leaves’ Eyes preferiremmo farci estrarre un dente del giudizio senza anestesia. Ad ogni modo, dato che ho in canna una nuova puntata di Radio Feccia, ho leggiucchiato qualche articolo sulla storiella in giro, si sa mai. Uno in un primo momento sarebbe portato a supporre che Krull, fulminato da una devastante crisi di mezza età, abbia piantato la moglie per potersi bombare un po’ di carne fresca in tour. Anche perché, dal punto di vista commerciale, non sembra un’ottima mossa. Pur essendo sexy come un’aspirapolvere spento, l’ex cantante dei Theatre of Tragedy, da poco entrata negli “anta“, il suo zoccolo duro di gotici pipparoli lo ha sempre. Infatti i fan hanno reagito malissimo. Di Elina Maiiala non si sa niente se non che viveva a Londra e cantava in un gruppo di sgallettate sue pari chiamate EnkeliNation. Non ho avuto voglia di controllare che roba suonassero e mi sono limitato a spulciare un po’ di foto. Laddove lei è la solita nordica slavatella, la bassista è bonissima. Mo’ che abbiamo un inviato nella City nella persona di Andrea Bertuzzi, quasi quasi vedo se si riesce a beccare il numero di telefono.

All’inizio il divorzio era stato spacciato come una separazione amichevole tra i tre membri fondatori (oltre alla coppia, il chitarrista Thorsten Bauer, negli Atrocity dal ’95, ovvero da quando iniziarono a fare schifo). Chissà, magari Liv voleva semplicemente occuparsi della famiglia, come Angela Gossow quando lasciò gli Arch Enemy e venne sostituita da Alissa White-Spruz.

Apro una parente (vostra cugina, quella mora con la quinta di tette). Vorrei ribadire a tutti coloro che continuano ad arrivare sul blog con chiavi di ricerca zozze su Alissa White-Gluz che non esiste su internet nessun sextape dove Alissa-White Gluz pratichi del bondage, riceva un cumshot o decida di prestarsi al foot fetish, quindi è inutile che digitiate su Google roba tipo “Alissa White-Gluz hot“, “Alissa White-Gluz naked“, “Alissa White-Gluz boobs” o “Alissa White-Gluz ass“. A parte il fatto che diventate ciechi, al massimo finite sul solito articolo di quei buontemponi di Metal Skunk che scrivono ‘ste frescacce per attirare i gonzi come voi e offrirne le anime a Satanasso. Chiusa la parente. Salutatemela.

Ai malcapitati estimatori di Alissa White-Gluz arenatisi per caso su questi schermi, forniamo, a titolo di consolazione, una foto della bassista degli EnkeliNation. Andrea, mi raccomando il numero di telefono.

bassista

Dicevamo. La storia della “separazione amichevole” era falsa come una banconota da otto euro. La stessa Liv Kristine ha poi ricorso al suo profilo facebook per spiegare che non solo sarebbe stata defenestrata (dal marito, lo ricordiamo) di punto in bianco prima di una tournée ma che Krull e Bauer avevano pure già reclutato la sostituta prima di darle il benservito. La Maiiala infatti ha esordito sul palco pochi giorni dopo l’annuncio del suo arrivo, con le date indonesiane (spero Joko Widodo non ci sia rimasto troppo male). E potete immaginare quanto tempo ci voglia per selezionare una nuova cantante e farle imparare il repertorio.

Del comunicato di Liv, la riga più pregnante è cotesta:

I can’t believe this process happened behind my back, parallel to a huge disappointment in my private life.

 

Questa “grande delusione” sarà il marito porcaccione che la cornifica con una ragazzetta finlandese e ha pure la faccia di palta di licenziarla e portarsi l’amante in tour, giusto? Amici del vero metal (quindi non dei Leaves’ Eyes), sapete benissimo che nei gialli l’assassino non è mai l’indiziato apparente. Non cacci la tua signora dal gruppo di cui è cofondatrice, mettendo i fan sul piede di guerra, solo perché ti vuoi pisellare Elina Maiiala. Al limite metti su un side-project sinfonico, la assumi per i cori e racconti a Liv che è la fidanzata del bassista.

In seguito alla levata di scudi dei fan, Krull e Bauer si vedono costretti a replicare a botte di carte bollate, lettere dell’avvocato, “mediatori imparziali”(sic) eccetera per confermare la loro versione. Se volete sorbettarvi tutto il papiello, lo trovate qua. Basta citare una frase sola, però, per capire come è andata:

Furthermore, it was made by Thorsten Bauer very clear that an external intervention of the new partner/ therapist of Liv E. Krull is unacceptable in band affairs in any circumstances.

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“Il mio analista ce l’ha grosso così”

In sostanza, a quanto si evincerebbe, non solo Liv tradiva Krull con il suo analista ma quest’ultimo stava pure mettendo becco nella band, tipo Fagioli nei film di Bellocchio anni ’80. Trombami pure la moglie ma lascia stare la mia band, che diamine. Sarebbe interessante conoscere i particolari. Magari Krull trascurava Liv perché aveva da vent’anni una relazione segreta col sodale Bauer. Non è una tesi peregrina: arriva Bauer ed esce quella ricchionata di Calling the Rain.

Mo’ non è che bisognava fare il giornalista di lavoro come il sottoscritto per cogliere dove stava la notizia. Io ho titolato come ho titolato perché le considerazioni che volevano fare erano altre. Ma i vari Blabbermouth, Metalstorm e Metal Insider avrebbero dovuto titolare: “Leaves Eyes respond to sacked Liv Kristine, reveal she has a new partner” o qualcosa di simile. Io porto avanti un blog per divertimento, non ci guadagno un centesimo e non tendo a occuparmi delle traversie sentimentali dei musicisti, quindi posso pure non scriverne o buttar giù dieci righe su Radio Feccia perché Liv Kristine che tradisce Krull con l’analista fa ridere. Tu che non hai il blog su wordpress, bensì un portalone con cui becchi soldi, che ti studi i peggio trucchetti da Seo per aumentare i contatti, non puoi ignorare una storia che è un viagra per le visite. Se esce il video porno di Belen, per dire, il sito di Repubblica lo deve mettere da qualche parte. Purtroppo funziona così. Da Metal Skunk non cavo una lira, quindi posso permettermi di ignorare Liv Kristine che si scopa l’analista e di non recensire l’ultima mirabolante promessa metalcore della Nerchia Records, dato che non sto appresso alle case discografiche. Tu che hai una sezione news professionale, non te lo puoi permettere. Possibile che, tra tutte le testate che si sono occupate della faccenda, nessuno si sia accorto di ‘ste righe? Lo stanno mettendo in piazza loro, per la miseria. Nessuno si è preso la briga di leggere quelle due pagine di documento, non dico per dovere di cronaca ma per curiosità? Internet vi ha abbassato così tanto la soglia di attenzione?

Non ci voleva Indro Montanelli, stava tutto scritto nel papiello che decine di persone hanno pubblicato senza leggerlo. Chiaro che sono squallide fesserie da parrucchiera ma è una notizia che tutti i fan del gruppo (pochini non sono) leggerebbero avidamente tempestando l’articolo di commenti. Questo dà la misura dello stato comatoso del giornalettismo metallico online. Se ti sfugge una cosa del genere, vuol dire che pensi solo a caricare più roba possibile riportando tali e quali i comunicati stampa dei gruppi, che io faccio prima a leggermi su Facebook. Vuol dire che non ti interessa fare un prodotto intrigante, che si distingua, ma solo inzeppare un sito di materiale copiato e incollato e puntare sulla quantità. Se la tua filosofia è più pubblico – più clic – più pubblicità, non puoi prendere un “buco” così. Di questo passo, torneremo a comprare con maggiore costanza le riviste superstiti. (Ciccio Russo)

 


Radio Feccia #21

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Foto LaPresse - Valerio Andreani 27 11 2015 La Spezia - Italia Sport Calcio Spezia - Crotone Campionato di Calcio Serie B 2015/2016 ConTe.it - Stadio Alberto Picco Nella foto: Ivan Juric Photo LaPresse - Valerio Andreani 27 11 2015 La Spezia- Italy Sport Soccer Spezia - Crotone Italian Football Championship League B 2015/2016 ConTe.it - Alberto Picco Stadium In the pic: Ivan Juric

Prima che se ne approprino i vari Gramellini e Severgnini, tra facili paragoni con l’avventura del Leicester e stereotipi zuccherosi sulla nuova bellissima storia di calcio provinciale di questa ceppa nodosa, ricordiamo che il fratello del vero metal Ivan Juric è uno di noi e che la promozione del Crotone in serie A è stata voluta dal Valhalla nonché dagli dei dell’Olimpo, trattandosi la Calabria di Magna Grecia. Hail and Kill e linea allo studio.

Axlc/Dc: 7 mila belgi chiedono il rimborso del biglietto

Gli Ac/Dc (o quel che ne rimane) hanno offerto ai fan la possibilità di farsi rimborsare i biglietti delle restanti tappe del tour europeo, qualora non volessero vedere il gruppo con Axl Rose che, come sanno anche i sampietrini, sostituirà un Brian Johnson sull’orlo della sordità. In Belgio, dove già hanno i loro problemi e ci manca solo Axl Rose con gli Ac/Dc, non se lo sono fatti dire due volte. Secondo quanto riporta De Standaard, a chiedere indietro i soldi della data di Werchter sono state ben 7 mila persone, ovvero il 10% della capienza massima della struttura. Un migliaio di biglietti è già stato ceduto a chi era in lista d’attesa. Gli altri 6 mila sono tornati sul mercato.

Rest in Pit: i DYING FETUS spargono le ceneri di un fan sul palco

Una richiesta dall’oltretomba per uno dei più amati gruppi brutal death americani. Un fan dell’Illinois di nome Nick, defunto di recente, aveva espresso, nel suo testamento, il desiderio che i Dying Fetus spargessero le sue ceneri sul palco durante Homicidal Retribution, la sua canzone preferita. La band ha eseguito le ultime volontà di Nick durante il concerto di Chicago di due giorni fa. “Rest in the pit”, il loro saluto. Perché i Dying Fetus sono dei bravi ragazzi; lo avesse chiesto ai Deicide (che invece sul palco spargevano interiora animali, sono cambiati i tempi), Glen Benton si sarebbe pippato le ceneri.

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La Bmg resuscita la Noise Records

Voi che siete persone colte, saprete che la tedesca Noise Records fu una delle più importanti case discografiche metal europee degli anni ’80. Nel suo catalogo figurarono colonne della scena teutonica come Helloween, Gamma Ray, Rage, Kreator e Tankard e alcune delle formazioni più creative e sperimentali del decennio, quali Celtic Frost, Voivod, Coroner, Mekong Delta e Watchtower. Assorbita dalla Sanctuary nel 2001, la Noise seguì il destino della casa madre, fallita nel 2007. Il catalogo fu venduto alla Universal, che nel 2013 lo girò a sua volta alla Bmg, la quale ha annunciato la resurrezione dello storico marchio tre settimane fa. Le prime pubblicazioni saranno compilation e ristampe di lusso di alcuni dei best seller della Noise.

FIVE FINGER DEATH PUNCH: surreale scontro legale con l’etichetta

Ve la faccio brevissima. Il contratto tra i Five Finger Death Punch e la Prospect Park, prevede che la prolifica band di Las Vegas non faccia passare meno di nove mesi tra l’uscita di un album e l’ingresso in studio per l’incisione del seguente. Quindi, essendo l’ultimo Got Your Six dello scorso settembre, i nostri buzzurri americani preferiti non possono cominciare a registrare il successore prima di giugno. La cosa a loro non andrebbe a genio e l’etichetta ha fatto loro causa per “cercare spudoratamente di far cassa prima del previsto collasso del loro compagno di band vittima di dipendenze“. I problemi del cantante Ivan Moody con droga e alcol sono infatti sempre più gravi e la casa discografica sta accusando senza mezzi termini i suoi compagni di voler far uscire a tutti i costi un disco prima che il frontman schiatti. Il gruppo ha reagito con una contro-denuncia, mentre sull’internet girano presunte mail private che confermerebbero la versione della Prospect Park. Noi vogliamo invece sperare che i Five Finger Death Punch siano semplicemente al lavoro su un concept dedicato a Donald Trump e vogliano farlo uscire in tempo per la Convention repubblicana di luglio. Ivan Moody, nel frattempo, sarebbe in rehab dopo aver fatto saltare un mese fa il tour australiano di spalla ai Black Sabbath.

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I KYLESA si sciolgono… 

Pessime notizie per gli amanti della droga. Laura Pleasants, la coinquilina ideale di noi tutti, e i suoi amici hanno deciso di comune accordo uno scioglimento non si sa quanto definitivo. Al momento, spiega il gruppo, non sono previsti né nuovi show né l’incisione di nuovo materiale. Sigh. L’ultimo album, Exhausting Fire, è dell’anno scorso. Non l’ho ascoltato tanto, sento più spesso i primi, ma mi era piaciuto più di Ultraviolet. Quanto menavano dal vivo.

… E si riformano gli AKERCOCKE

Il successo di critica degli Akercocke è una delle prove che il destino dell’umanità è segnato e siamo in pieno Kali-Yuga. Quando, da ragazzino, feci la classica vacanza studio nel Regno Unito “per imparare l’inglese”, le riviste locali non facevano che magnificare questa fantasmagorica accolita di coglionazzi che giravano in giacca e cravatta altrimenti “non sarebbero stati presi sul serio nei circoli satanisti più esclusivi di Londra”. Secondo Kerrang! e Terrorizer, erano i nuovi Cradle of Filth. Invece facevano schifo al cazzo. L’esordio Rape of the Bastard Nazarene era un marasma senza filo logico che non avrebbe impressionato nemmeno il quindicenne più sprovveduto. Ne conservo ancora fieramente una copia acquistata non ricordo dove a tre euro. Come cimelio trash ci stava, Negli anni successivi, scoprii che non era solo la nazionalista stampa d’Albione a essersi innamorata di loro ma un po’ tutti. Le uniche stroncature di Choronzon e Words That Go Unspoken pubblicate in Italia furono probabilmente quelle che scrissi io su Metal Shock. Poi li persi di vista. Cacarono un altro disco nel 2007 e dopo un po’ si sciolsero. Adesso sono ritornati con i loro elegantissimi completi e hanno diffuso un brano nuovo, il primo in nove anni. Non è manco orrendo ma sembrano i Katatonia che suonano tecno-death. Boh. (Ciccio Russo)


Que bonito es un entierro: si sono sciolti gli AGALLOCH

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Dalla pagina facebook del gruppo:

Following 20 years, 5 full length albums, many tours around the world, and numerous other recordings, John Haughm and the rest of the band (Don Anderson, Jason Walton, and Aesop Dekker) have parted ways. What the future holds for the separate parties remains undetermined. We collectively thank all of our fans across the world. There are also way too many other people to thank who made this band possible. You know who you are.

E insomma, la vita è una puttana. Ho adorato, come inevitabile, i primi tre dischi degli Agalloch, colonna sonora di tanti simposi alla birra del Tuodì sui destini del mondo con Roberto quando eravamo ancora coinquilini. Marrow of the Spirit non mi era piaciuto per niente. Non ne avevo capito il senso e ancora oggi è difficile scacciare l’impressione, magari sbagliata, di un tentativo di andare dietro ai rigurgiti burzumiani di quella moda depressive che cinque o sei anni fa era sì creativamente moribonda ma, nei numeri, ancora ben viva. Gli Agalloch dovevano essere leaders not followers, che diamine. The Serpent & the Sphere non sarà stato The Mantle ma mi aveva riconciliato con la band di Portland, che quantomeno era tornata a fare quello che sapeva fare meglio. Ok, era un disco di routine ma se si fossero adagiati su quella routine mica mi sarei lamentato. I primi tre album erano già sufficienti a consegnare John Haughm e compagni alla storia recente del genere. Se di genere si può parlare, se non in riferimento a loro stessi. Il motivo per cui noi trentenni siamo usciti pazzi per gli Agalloch e i ventenni li hanno eletti a loro totem esistenziale come facevamo noi da ragazzi con, per dire, i Katatonia e i My Dying Bride è che partivano da riferimenti riconoscibilissimi per chi era cresciuto con il gothic/doom degli anni ’90 e, nondimeno, erano riusciti a creare una miscela talmente personale da diventare canone per decine di imitatori.

La ragione principale per cui lo scioglimento degli Agalloch è una iattura per l’intera scena è che sono stati tra i pochissimi gruppi nati negli ultimi vent’anni a costruirsi un seguito e una credibilità tali da poter sfidare nei cartelloni dei festival le vecchie glorie anni ’80 e ’90, che prima o poi in pensione dovranno andare. Da questo punto di vista (ci abbiamo riflettuto più volte), la situazione è deprimente sia sul fronte mainstream che su quello relativamente underground (di paragonabile agli Agalloch, nello stesso circuito, mi vengono in mente solo gli Alcest, che sono però figli dei loro tempi, imbevuti come sono di shoegaze). Ci piaccia o no ammetterlo, ad aver mantenuto vivo, in termini di pubblico e rilevanza, l’heavy metal dopo il 2000 è stato l’abbattimento dei confini stilistici con post-hardcore e post-rock, che ha aperto il nostro giro a un’udienza che prima se ne teneva lontana, a volte con sprezzo. Pensate all’infatuazione per il black metal di tanti ascoltatori di estrazione indie. Gli Agalloch svettavano sulle homepage di tutti i siti alla moda pur conservando l’eredità di ciò che era stato e stava imparando a rivivere. Per questo ci mancheranno così tanto. (Ciccio Russo)


ADESSO VI DEVO DIRE QUALCOSA DI MOLTO IMPORTANTE

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de maio“È difficile essere un vero Manowar. I nemici del vero metal in passato hanno cercato di eliminarci in ogni modo. Credetemi, questa è la verità. Devo dire qualcosa a quei bastardi! Devo dirlo ora… TU! FUCK YOU! FUCK OFF! FUCK YOURSELF E MORTA DDAAI! COME ON! COME ON! COME ON! Noi non vi abbandoneremo mai!”

Così diceva Joey De Maio nel famoso DISCORSO ALL’ITALIA. E invece, pare che i nostri beniamini nonché idoli ci stiano proprio abbandonando. In un comunicato di poche ore fa i Manowar ci dicono che il prossimo tour sarà ancora più grande e memorabile dell’ultimo appena terminato. Sarà l’ultimo momento per dire grazie e addio. Prima o poi sarebbe successo. Ma non vogliamo pensare che i nemici del vero metal abbiano vinto, vogliamo pensare di averli sconfitti tutti. Quello che suona come essere davvero (sigh!) l’ultimo tour partirà dalla Germania, non sappiamo dove, non sappiamo quando. Sappiamo solo una cosa: noi ci saremo.

Fratelli ovunque, questa è l’ultima chiamata alle armi. Anche voi dovrete esserci. A tutti i costi. Stiamo già organizzando il pullman da Roma.

Questo il comunicato ufficiale dalla loro pagina Facebook:

“The Gods And Kings Tour was a groundbreaking moment in our career. The stage, sound, video and you, our fans, were magnificent!

Coming off such an amazing tour it was clear that the next time we must go even bigger and beyond anything we have ever done; something that will fulfill every Manowarrior’s dreams. Then that will be the ultimate moment to say Thank You and farewell!

The Final Battle will begin in Germany and take us all over the world to say goodbye to all of you.

If you know Metal

you know MANOWAR.

If you know MANOWAR

you know Metal!

Those who join this tour will be left with an eternal memory; having witnessed the band that has dedicated their blood, hearts, souls and every moment of their career to True Heavy Metal.

We are calling all Manowarriors to prepare yourselves now and to join us for The Final Battle!”

Queste, invece, le parole di coraggio del nostro Piero Tola:

“Il berserker posa il martello e attende che le valchirie lo conducano nelle sale dorate dove il banchetto sarà memorabile. È chiaro che a sto cazzo di banchetto non possiamo mancare. Ovunque sia.”


Virginia in eternal sleep: Fenriz eletto in Norvegia

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                             Realizzazione grafica di Matteo Ferri, che vive e lotta insieme a noi

Mentre nell’Urbe si consuma un estenuante psicodramma che occupa da giorni qualsiasi canale d’informazione, con gran copia di servizi-spiegone, appostamenti infiniti di miserandi inviati costretti a piantonare palazzi da cui non uscirà nessuno, selve di microfoni che si affannano a circondare persone che non dicono nulla e contorte dietrologie per afferrare esoteriche profezie sul futuro della Capitale, noi seguaci del Demonio possiamo approfittare di uno spiraglio di evasione grazie a una finestra che si è improvvisamente aperta sul mondo della politica locale norvegese. Anche qui la storia non è abbastanza chiara: molti siti hanno scritto che Fenriz è diventato consigliere comunale del suo paesello, ma a quanto pare le cose non stanno esattamente così. Quello che è certo è che il Nostro sia stato eletto contro la sua volontà per la rappresentanza popolare in quello che sembra essere l’equivalente normanno del consiglio comunale; non in forma stabile, diciamo così, ma in una specie di lista di riserve che lì si usa quando un consigliere non può essere presente all’assemblea. Praticamente è il modo norvegese di combattere l’assenteismo: una panchina da cui attingere cittadini a caso (letteralmente a caso, come si può notare da questo caso specifico) per non lasciare una sedia vuota. Il punto della questione è che Fenriz non voleva essere eletto, ma se gli elettori fanno il tuo nome tu semplicemente non puoi esimerti. Avendo fiutato l’aria, lui aveva anche fatto un santino elettorale al contrario per scoraggiare le persone a votarlo. Il santino è questo: 

se ve lo stiate chiedendo, il nome del gatto di Fenriz è 'Burro d'arachidi'

         Se ve lo stiate chiedendo, il nome del gatto di Fenriz è ‘Burro d’arachidi’

È una cosa che si potrebbe fare anche qui. Ovviamente ci si metterebbe tutti d’accordo per votare in massa una persona specifica, tipo non so: Ciccio. In questo modo porteremmo un cavallo di Troia al Campidoglio con cui perseguire i punti fondamentali della nostra agenda: la riapertura del Sinister Noise, l’ora obbligatoria di ascolto degli Slayer nelle scuole primarie, l’eliminazione dell’IVA sulle magliette dei gruppi e lo spostamento dell’asse geopolitico verso Oriente. Faremmo una fantastica campagna elettorale, per le quali ho già in mente qualche foto. Nel frattempo si potrebbe consigliare a Virginia Raggi di puntare su Fenriz per il posto di assessore al bilancio; certo, non sarà Ciccio, ma è di sicuro un primo passo verso il trionfo del metallo.

La cosa che più mi fa specie di tutta la vicenda, comunque, è che per una volta scrivere il nome di un musicista black metal sulla scheda elettorale ha portato effettivamente all’elezione di quest’ultimo. Quindi tutti quelli che indefessamente si ostinano a scrivere ‘Burzum’ ad ogni chiamata alle urne da adesso continueranno a farlo con ancora più convinzione.


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