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L’idra non ha più teste

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Gestire la Hydra Head Records non è mai stata una cosa semplice. Abbiamo passato la maggior parte della nostra esistenza passando euforicamente da una cosa all’altra, affrontando più di quanto avremmo mai potuto sperare di ottenere, senza mai trovare un appoggio stabile nel vortice di caos che ci eravamo creati. Anche se ci sono stati momenti difficili, la Hydra Head è stato un progetto molto significativo e carico di soddisfazioni per me e, spero, per le altre vite a cui è stato direttamente connesso. Il fatto che sia durato quasi due decadi è strabiliante, e molto è cambiato in questo periodo: le vite di coloro che sono stati coinvolti nella gestione dell’etichetta, i gruppi e gli artisti con cui abbiamo lavorato, e la stessa natura dell’industria musicale. Anche se molti di questi cambiamenti sono stati positivi, o quantomeno illuminanti, l’impatto della nostra storia e le circostanze economiche attuali stanno culminando in una morte lenta e in qualche modo dolorosa per l’etichetta. Di sicuro non è un evento del tutto inatteso, ma non pensavamo che potesse accadere così d’improvviso, o (forse ingenuamente) mai. 

Aaron Turner, proprietario della Hydra Head Records e, tra le altre cose, membro di Isis e Old Man Gloom.

Insomma, va così: apri la casella di posta e leggi la funerea newsletter, poi apri il link al sito dell’etichetta e, per sicurezza, ti colleghi pure a Brooklyn Vegan. In casi come questi, pure per la  discrezione quasi liturgica del silenzio, non andrebbero dati spiegoni ma, giusto per capirsi, quest’etichetta ha contribuito alla promozione, produzione e consolidamento del culto intorno a band (che prima o poi hanno flirtato con Relapse, per dire della varia statura delle indie americane) come Coalesce, Oxbow, Harvey Milk, Dischordance Axis, GridLink, Old Man GloomJesu giusto per citare gli episodi discografici più riusciti. La label rimarrà in piedi sino a Dicembre, dopodiché sarà attivo solo il catalogo perché le bollette s’hanno da pagare, mondo infame. Chi non l’avesse ancora fatto, come quando ci si gode l’amaro di una storia che si chiude inesorabilmente, può coronare questa piccola storia ignobile con la visione di Blood, Sweat & Vinyls: DIY in the 21st Century.

Qui il comunicato ufficiale. Lo spirito continua. (Nunzio Lamonaca)



Minima moralia: tre esempi pratici del perché disintossicarsi fa malissimo

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Gli anni ’70 sì che erano un bel periodo. Io lo so perché non c’ero. Erano tempi nei quali non solo Standard & Poor’s non aveva ancora voce in capitolo sulla tua vita ma ognuno sapeva attenersi in modo coerente al suo ruolo nella società. Che, nel caso delle rockstar debosciate, era quello di abbuffarsi di alcol e stupefacenti, comporre di conseguenza splendide canzoni e tirare prematuramente il calzino annegate nel proprio vomito con una siringa di eroina conficcata sotto l’unghia dell’alluce destro. Janis Joplin è un mito anche perché non dobbiamo vederla col pannolone a San Remo mentra intona Volare oh-oh in duetto con Gianni Morandi. E pensate a come Lou Reed sarebbe diventato una vera leggenda se fosse schiantato di overdose subito dopo il disco con la banana, invece di uscirsene con Lulu e asserire che sia la cosa più bella che abbia mai pubblicato. Ma purtroppo, cari fratelli del vero metal, viviamo in un mondo gerontocratico, dove i politici alla guida di un paese hanno settant’anni, i giovani imprenditori ne hanno cinquanta e i tizi che scrivono sui blog di musica ne hanno trenta. Un tempo di alcol e stupefacenti si moriva. Oggi, con le meraviglie della medicina moderna che costringono Elsa Fornero a mandarci in pensione da pressoché defunti per non pesare sul bilancio statale, le rockstar di cui sopra vanno in rehab. Si disintossicano e, pressoché sempre, ne escono peggio di prima. Non solo dal punto di vista artistico ma anche da quello umano.

Sia chiaro, non è nostra intenzione farci portabandiera di condotte devianti, immorali e contrarie alla parola di Dio. E questo lo diciamo a beneficio del lettore novello o casuale, ché chi ci segue da tempo sa benissimo che Metal Skunk è un blog contro la droga e noi non vogliamo che vi facciate le iniezioni di marijuana perché poi si comincia con gli spinelli e si finisce con le camel lights. Però, beh, immagino il concetto vi sia chiaro. Quante volte vi siete detti: “se questi avessero continuato a drogarsi non farebbero ‘sti dischi di merda“? Suppongo tante. E scommetto che nella maggior parte dei casi steste pensando ai Megadeth (poi magari ci sono le eccezioni, tipo che forse Johan Edlund si fa ancora). Ché, ok, Dave Mustaine sarà stato uno stronzo pure prima ma mo’ che si è ripulito è davvero over the top. Delle sue sparate di cazzo da cristiano rinato e repubblicano estremista non vi rendiamo edotti troppo spesso perché sono un po’ come la barzellette: la prima volta che te le raccontano ti sganasci, la seconda fai un mezzo sorriso e la terza sbadigli. Però l’ultima è stata notevolissima:

Durante un suo recente concerto a Singapore, Rosso Malpelo se l’è presa con Barack Obama accusandolo di aver organizzato le stragi di Aurora e Oak Creek, dove due squilibrati avevano aperto il fuoco rispettivamente contro il pubblico del cinema dove si proiettava The Dark Knight Rises e sui fedeli di un tempio Sikh, in modo da poter far passare una legge contro la libera circolazione di armi negli Stati Uniti. A parte che non si capisce cosa dovrebbe fregarne ai singaporegni (il tipo che grida We love Obama comunque vince tantissimo), io ricordo che dopo questi episodi il presidente degli Stati Uniti aveva dichiarato che forse sarebbe il caso di limitare l’accesso alle armi da guerra. Ci ero rimasto un po’ di sasso perché, nella mia ignoranza, sapevo che oltreoceano potessi sì procurarti tutti i fucili e le pistole che volevi ma non immaginavo si potesse entrare da Wal-Mart e uscirne con un bazooka e una carriola piena di granate. Attendiamo con ansia le prossime teorie cospirazioniste targate Mustaine, tipo Obama non è nero sul serio ma ha fatto un’operazione tipo Michael Jackson al contrario per accattivarsi i voti delle minoranze o Hillary Clinton ha perdonato Bill quando si era trombato la Lewinsky perché non venisse fuori che lei in realtà ha il pisello. Oddio, forse quest’ultima è abbastanza credibile.

Il punto è che nella vita devi trovare il tuo equilibrio e non tradire mai te stesso. E se il tuo equilibrio è fatto di sei bocce di vodka e mezzo etto di cocaina al giorno, figlio mio, non è che puoi andare contro la tua natura più di tanto. Sennò non si spiegherebbe perché Lemmy stia ancora così in forma. Molti di voi avranno un amico/a il cui fidanzato/a a un certo punto aveva deciso di smettere di fumare con il risultato di diventare una persona nervosissima che trapanava le gonadi al partner andando in escandescenze per puttanate di infima rilevanza tipo il dentifricio nel lavandino o le tende nuove che non si intonano con la tappezzeria. Ecco, immaginate se uno la pianta del tutto con la bottiglia, che come cosa è ben più tosta. Ora capisco l’istinto di autoconservazione ma il vero Manowar il vizio impara a gestirlo senza eliminarlo del tutto. Io, per esempio, sono molto preoccupato per Kirk Windstein, il quale, poco dopo essersi disintossicato dall’alcol, facendoci pure sopra un disco (peraltro molto bello), un bel giorno pubblica sulla propria pagina facebook una roba del genere:

Il messaggio risale allo scorso luglio, quando i Crowbar erano in tour in Europa. Se non sapessimo che il nostro idolo obeso ha smesso di bere penseremmo a un caso di drunk dialing, icastica locuzione anglofona che indica le idiozie che si scrivono via sms o sui social network quando si è alzato troppo il gomito (se qualcuno ha aneddoti divertenti in merito i commenti sono lì apposta). Non si è mai capito bene cosa minchia fosse successo. Ai fan perplessi che chiedevano lumi, Kirk aveva risposto nei commenti con un non meno sibillino:

“Fa incazzare quando, mentre dormi, ti chiedono di lasciare l’aereo per via di qualcosa con la quale non hai NULLA a che fare. Buon volo”.

Tutti avevano pensato a un licenziamento in tronco del batterista Tommy Buckley e di tutta l’attuale line-up. Poco dopo Windstein chiederà scusa ai suoi compagni giurando di “amarli come fratelli” e affermando che “un gruppo è come una famiglia e a volte in una famiglia si litiga“. Pur non avendo capito assolutamente nulla del fattaccio, tale reazione scomposta può avere solo due spiegazioni:

1) Kirk da quando non beve più è diventato estremamente irritabile e si incazza per qualsiasi corbelleria.

2) Kirk ha fatto uno strappo alla regola e si è fatto un cicchetto in aereo ma la disintossicazione ha abbassato brutalmente la sua soglia di tolleranza e ora gli bastano un paio di bicchieri per sragionare e dichiarare guerra al Messico.

Ciascuna delle due ipotesi comporta che il rehab gli abbia fatto malissimo. E noi delle devastanti conseguenze sugli equilibri internazionali di un Kirk Windstein sobrio avevamo già parlato in tempi non sospetti.

Ma non è tutto. Per le inesplicabili leggi del Karma, disintossicarsi porta pure sfiga. Non ci credete? Allora non sapete cosa è successo al povero Matt Pike. Avevamo lasciato la nostra guida spirituale mentre annullava il tour degli High On Fire per andare in una bella clinica dove lo avrebbero dissuaso dall’abuso di tutte quelle sostanze che gli hanno permesso di incidere quei dischi che noi tanto amiamo. Ebbene, la prima cosa accaduta a Matteuccio nostro dopo che si è separato da quegli antipatici dottori è scoprire che gli hanno fregato la chitarra.

Non una chitarra qualsiasi, badate bene, ma la Les Paul tobacco burst che lo accompagnava fedele sin dai tempi degli Sleep. E chiunque di voi suoni con una certa continuità sa bene come a uno strumento ci si possa affezionare quanto a una donna. Matt ha invitato i suoi fan a setacciare tutti i banchi pegni della California nella speranza di riuscire a ritrovarla e la redazione di Metal Skunk, il blog che fa sentire tutti più buoni, gli augura buona fortuna.

Ora mettetevi nei panni di Pike: esci dal rehab, magari non vedi l’ora di tornare sul palco e ti hanno fottuto la chitarra. E non puoi manco farti un whisky e un cannone per dimenticare perché il medico non vuole. Dimmi tu se non ti torna subito voglia di sballarti.

A questo punto credo che l’unica cosa sensata da fare sia ascoltarsi il nuovo brano degli Eyehategod, ché se a Heidi sorridevano i monti a noialtri sorridono le paludi:

(Ciccio Russo)


Back from beyond: la strana storia dei MASSACRE

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Parte di voi, spero la maggiore possibile, avrà visto Anvil! The Story Of Anvil, ovvero il documentario più bello, sincero e commovente mai girato sul metal e su quella meravigliosa maledizione che spinge centinaia di musicisti ad andare avanti, trovare i fondi per registrare un altro disco e partire per l’ennesima tournée da poche decine di persone a serata anche quando le chance per conquistare una fetta di successo sono belle che andate venti o trent’anni prima e le rughe e i capelli bianchi riflessi dallo specchio sono lì a ricordartelo spietati. Lips e compagni sono però dei magnifici perdenti per i quali non si può non tifare. Soffri con loro, a fine visione ti viene voglia di abbracciarli e magari scendi pure al negozietto a ordinare una copia di Forged In Fire. L’heavy metal, soprattutto oggi che la crisi dell’industria discografica si intreccia sempre più con personalissime crisi di mezza età (la vicenda della separazione tra Peter Dolving e i The Haunted è abbastanza paradigmatica da questo punto di vista), è pieno di storie di has been senza (più) speranza. Alcune sono tutto sommato serene, come quelle di tante seconde linee del thrash che ogni estate si riuniscono per qualche festival e poi tornano con un sorriso alle famiglie e alle scrivanie d’ufficio. Altre sono invece solo tristi e patetiche. Sono le storie di band che hanno da tempo visto tramontare la loro stella e non hanno capito che il momento di farsi da parte è già trascorso da un pezzo e, inaciditi dalla terza età alle porte, infangano quel che resta del loro nome. I deprimenti teatrini che hanno visto protagoniste le doppie versioni di Great White e L.A. Guns sono un buon esempio (ma anche l’affaire Queensrÿche non andrebbe escluso dal discorso solo perché i protagonisti hanno qualche soldo di più in tasca). E infine ci sono le meteore, coloro che hanno avuto un’occasione e non sono riusciti a sfruttarla, per capricci del destino, mero inaridimento della vena creativa o contingenze personali, ma non si rassegnano al loro destino di comprimari e, come chi è finito nelle sabbie mobili, più si agitano e più vanno a fondo. Come Kam Lee dei Massacre.

La band floridiana deve il suo posto negli annali al disco di debutto. Pubblicato nel ’91, registrato - come da tradizione - ai Morrisound (ma dietro alla consolle c’era Colin Richardson e non Scott Burns) e adornato dall’artwork lovecraftiano di Ed Repka, From Beyond è un piccolo classico della prima ondata death metal americana. La formazione, che agli esordi comprendeva anche Allen West, include gente che era passata, o sarebbe passata presto, tra le file dei Death: Rick Rozz alla chitarra, Terry Butler al basso, Bill Andrews alla batteria e, soprattutto, Lee alla voce. Dietro le pelli e il microfono dei Mantas, prima incarnazione della band di Schuldiner, il frontman è considerato l’inventore del cantato death metal  (la prima demo dei Massacre, Aggressive Tyrant, risale al 1986) e il suo growl profondo e gutturale spinse la Earache a scrivere ben in evidenza nelle note di copertina che “nessun effetto vocale è stato utilizzato durante le registrazioni di questo album”. Riascoltato oggi, From Beyond ha resistito al tempo meno di altri lavori coevi ma ha conservato un crudo fascino tale da giustificare l’aura di culto che ancor oggi circonda il marchio floridiano. Aura di culto che la band dissiperà in modo repentino. Il tempo di un ep l’anno dopo, l’ancora valido Inhuman Condition, e, mentre i vari Morbid Angel e Obituary vendono carrettate di copie, il gruppo va in malora, affondato da dissidi interni. Solo nel ’96, con una line-up rimaneggiata e i soli Lee e Rozz superstiti, esce Promise, un  fallimentare tentativo di accodarsi alle tendenze moderniste di metà decennio che coloro che vi hanno suonato suppongo siano i primi a voler dimenticare. Poi, il nulla.

Sono passati dieci anni. È il 2006. Internet è ormai un fenomeno di massa che permette a ogni caso umano di esternare al mondo il proprio disagio mentale. Kam Lee torna a far parlare di sè grazie alle sue sparate da Pino Scotto in salsa floridiana (del tipo: “le troiette che affermano che Marylin Manson è metal andrebbero stuprate nel culo da un rinoceronte con l’herpes“). Probabilmente è una strategia promozionale per spingere Second Coming, un fantomatico album mai pubblicato che i Massacre avrebbero inciso anni prima con Joe Cangelosi dei Whiplash alla batteria e che Lee annuncia essere pronto a dare alla luce una volta che avrà trovato una label interessata. Tra uno scazzo e l’altro con i già all’epoca salaci e attivissimi commentatori di Blabbermouth, Second Coming (che poi, confesserà il cantante, non sarebbe stato altro che una raccolta di vecchie demo) non uscirà mai.

La prima riesumazione dei Massacre risale però al 2007, quando ormai una reunion non si nega manco ai gregari più sfigati. Lee e Butler si portano dietro il chitarrista e il batterista dei Denial Fiend, il gruppetto che avevano fondato insieme, per qualche data in Europa. Il comunicato rilasciato all’epoca dal cantante sottolinea l’assenza di Rick Rozz (che nel frattempo pare si fosse dato al southern) dal tour in maiuscolo e con tre punti esclamativi come se fosse una cosa fica. Conclusa l’esperienza nel vecchio continente (sintetizzata dal ‘vokillist’ in un delirante resoconto dove insulta i fan svizzeri e si lamenta per la puzza di piedi nel tour bus), viene annunciato lo scioglimento del gruppo ma non viene esclusa la possibilità di un nuovo tour l’anno successivo, cosa che, puntualmente, avviene. Kam Lee fa sapere di essere intenzionato a riregistrare per conto suo le prime demo dei Death e attacca in modo preventivo i fan che potrebbero avere qualcosa da ridire invitandoli a “ficcare la testa nel cesso“. Subito dopo se la prende con Blabbermouth che non riporterebbe in modo corretto le sue dichiarazioni. Ormai è chiaro che non ci fa ma ci è. Le riregistrazioni non usciranno mai.

Nel 2009 Lee molla i Denial Fiend (o più probabilmente ne viene cacciato), che in seguito faranno un altro disco con Blaine dei The Accused, si cimenta in qualche altro progetto estemporaneo (i Bone Gnawer e i The Grotesquery) coadiuvato da mestieranti svedesi pescati a caso dall’elenco telefonico di Stoccolma e promette un nuovo full di inediti per l’anno venturo. Il full non uscirà mai. Cinque minuti dopo se ne dimentica e annuncia l’incisione di un ep con versioni riregistrate di quattro vecchi classici con una line-up surreale dove figurano Dave Pybus dei Cradle Of Filth, l’ubiquo Tony Laureano, uno dei mestieranti svedesi di cui sopra, ovvero Ronnie Björnström dei Ribspreader e, in un vertice di dadaismo, il tastierista dei giapponesi Sigh. Neanche l’ep uscirà mai.

Siccome anche i peggiori horror di serie Z abbisognano del colpo di scena finale, si rifà intanto vivo Rozz, che dà vita a una band dal nome quantomai sospetto: i M. Inc. Rozz (che, giova ricordarlo, ha composto tutte le musiche dei primi dischi dei Massacre) spiega che avrebbe voluto chiamarla ‘Massacre Inc.’ ma che gli pareva brutto nei confronti di Bill Andrews, che evidentemente era l’unico tranquillo che voleva solo che nessuno gli rompesse i coglioni. Lee nel frattempo continua a non imbroccarne una, tra date annullate e contratti discografici misteriosamente rinegoziati, e, quando siamo ormai nel 2011, mette su una specie di show solista per celebrare il ventennale di From Beyond. Rinuncia a usare il moniker originale perché “i Massacre muoiano di una morte onorevole”, quando ormai di onorevole in questa storiaccia non c’è più nulla. Perché contemporaneamente la stessa idea viene a Butler e Rozz, che annunciano un bel tour celebrativo con il marchio originale insieme a Macabre e Master con coso alla voce e quell’altro alla batteria. Ma, ormai è una maledizione, questo tour non si farà mai, anche perché gli Obituary, dei quali Terry è ormai un membro stabile, pare non apprezzassero troppo l’idea. Del resto mettetevi nei panni dei fratelli Tardy: dopo che il vostro bassista storico (Frank Watkins, quello con il look da agente immobiliare) vi ha mollato per andare in giro a fare il pagliaccio con i Gorgoroth, un altro caso di midlife crisis mica male, siete portati ad aspettarvi di tutto dalla vita.

Il debutto sul palco dei “nuovi” Massacre avviene il 15 gennaio al Brass Mug dell’avita Tampa, esattamente vent’anni dopo la pubblicazione di From Beyond. In quell’occasione verrà eseguito un brano nuovo, Succumb To Rapture, destinato ad apparire pochi mesi dopo su Condemned To The Shadows, un sette pollici contenente due canzoni (l’altra è intitolata, ça va sans dire, Back From Beyond) uscito su Century Media appena in tempo per l’apparizione sul palco del Wacken:

Il dischetto alla fine non è manco male. Genuino, dignitoso, a suo modo sincero. Quello che ti puoi aspettare da Rozz nel 2012, che è poi esattamente quello che ti potevi aspettare anche nel 1992. Forse l’unico modo in cui i Massacre potessero morire di una morte onorevole era oramai questo. Se di morte si può parlare alla luce dell’inevitabile annuncio di un full di inediti per l’anno venturo.

Le ultime notizie danno Kam Lee alle prese con un nuovo progetto sul cui futuro è lecito dubitare, tali Corpse Rot, che lo vedono unire le forze con l’altra grande causa persa della scena di Tampa, l’affidabilissimo Allen West, di nuovo uomo libero dopo la detenzione per guida in stato di ebbrezza recidiva che gli costò la permanenza negli Obituary. Il cerchio, in qualche modo, si chiude.

Solo oggi noto che nelle foto del libretto di From Beyond Rick Rozz indossa una maglia degli Anvil. (Ciccio Russo)


Lo split (de facto) dei THE HAUNTED: a pensar male si fa peccato ma…

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Ieri è uscita su Kill Your Stereo un’intervista dove Tompa afferma di non escludere la possibilità che gli At The Gates possano pubblicare un nuovo album di inediti:

“Avevamo detto che non avremmo più suonato dal vivo e stiamo continuando a farlo. Quello del 2008 avrebbe dovuto essere il nostro ultimo tour e stiamo continuando a farne. Ho imparato che non bisogna mai dire mai”.

Oggi, diversi mesi dopo la chiacchierata separazione da Peter Dolving (dei cui squallidi retroscena abbiamo parlato diffusamente), i The Haunted si sfasciano in modo pressoché definitivo, con l’annuncio dell’addio simultaneo del batterista Per Møller Jensen e del chitarrista Anders Björler, che ha parlato di una decisione “maturata nell’arco di due anni“. Restano Jonas Björler e Patrik Jensen, il quale ha dichiarato che il gruppo non è ufficialmente sciolto ma che “alla luce di questi ultimi eventi, onestamente non sappiamo che accadrà“.

Considerando che i fratelli Björler erano stati accusati da Dolving di aver mandato a puttane i The Haunted per potersi dedicare a tempo pieno alla reunion della loro vecchia band e che a Jensen a ‘sto punto converrà concentrarsi sui Witchery, noi una mezza idea di cosa accadrà ce l’abbiamo, vero, ragazzi?

Ora speriamo almeno che Vinnie Paul resti sulle sue posizioni e che l’anno prossimo non ci tocchi pure sorbirci la reunion dei Pantera con Zakk Wylde.


Suffocation: Frank Mullen dice addio ai tour

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Quest’anno Frank Mullen non è stato in grado di partecipare a buona parte della tournée dei Suffocation per impedimenti di carattere lavorativo, venendo rimpiazzato (con esiti, dicono, non felicissimi) da Bill Robinson dei Decrepit Birth. La cosa era quindi nell’aria ma ora che è ufficiale e definitiva ci sentiamo comunque parecchio a terra. Il frontman di quella che sul palco era sempre stata la migliore death metal band della storia ha infatti spiegato a Horns Up Rocks! di non essere più in grado di sostenere un’attività dal vivo costante:Non posso più stare in tour a tempo pieno, quando il nuovo album (Pinnacle Of Bedlamfuori su Nuclear Blast agli inizi del 2013, nda) verrà pubblicato organizzeranno un tour di un mese in Usa e potrò stare in giro solo per due settimane, le restanti date ci sarà un cantante sostitutivo. Poi mi farò una settimana o una settimana e mezzo in Europa e per tutte le altre date che la band terrà per il resto dell’anno ci sarà probabilmente qualcun altro al mio posto, farò giusto qualche show qua e là“.

Purtroppo si invecchia e il death metal non ti fa fare tanti soldi e io ho un buon lavoro, quindi… Sai com’è, tocca lavorare, tutto qua. Non sono più un ragazzino“, ha proseguito Mullen, “A questo punto devi iniziare a guardare avanti nella vita, devi pensare agli obiettivi di lungo termine e roba così, e purtroppo il death metal non è il genere di musica che ti fa guadagnare milioni e ti permette di condurre una vita agiata. Ti puoi divertire e alcune band riusciranno pure a viverci in modo stabile ma nella maggior parte dei casi lo fai perché e ciò che ami, ami il death metal ed è ciò che suoni“.

Gli eroi della nostra adolescenza ormai hanno un’età e suonando metal non ci paghi più l’affitto, questo lo sappiamo benissimo. E di notizie come questa prepariamoci a sentirne tante nei prossimi anni. Perché chi si trova nella situazione peggiore sono le formazioni di medio successo, quelle che suonando dal vivo in modo regolare riescono più o meno a pagare le bollette, categoria alla quale, ormai, appartiene anche una band leggendaria come gli autori di Effigy Of The Forgotten. Perché chi aveva fatto i soldi quando esisteva ancora un’industria discografica e non se li è bevuti tutti sa di stare a posto fino alla vecchiaia, mentre i gruppi appena più underground dei Suffocation sono presumibilmente composti da gente che un’occupazione normale ce l’ha sempre avuta. Il dilemma è di chi deve scegliere se provare a continuare a tirare avanti con la musica o trovarsi il cosiddetto “lavoro vero”. Frank Mullen ne ha uno, avrà una famiglia da mantenere e non vedo come debba fare altrimenti. Terrance Hobbs, probabilmente, al momento non ha invece alternative, quindi non è che gli si può dire “hey, ma perché non fate solo qualche show ogni tanto quando potete tutti?”.  A questo punto il problema diventa un altro: con Mike Smith che se ne è andato in malo modo diversi mesi fa, quanti di voi avranno voglia di vedere dal vivo dei Suffocation con Hobbs solo membro originale superstite? Quanti fan riusciranno a concepire un concerto della band senza Frank Mullen e il suo mitico hand chop? Io no di certo. (Ciccio Russo)


Accanimento terapeutico

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Perché qualcuno possa spendere del denaro per guardare un imbarazzante cinquantenne sovrappeso agitarsi insieme a quattro comparse che sostengono di essere i Guns’n'Roses mi è sempre sfuggito (tanto per chiarire, Appetite For Destruction è uno dei dieci dischi della mia vita, quindi sono il primo a cascare in depressione di fronte a spettacoli simili). Ma, dato che Axl Rose e i suoi nuovi amici continuano a fare tour, evidentemente sono in molti a non condividere il mio punto di vista. Spero solo che il cantante, dopo essersi rivisto in questo video, si renda conto che il suo posto sono i giardinetti. La performance, che definire umiliante è un complimento, risale a qualche giorno fa, quando la band si è esibita nell’annuale concerto di beneficenza che Neil Young organizza per la Bridge School, istituto specializzato nel recupero di ragazzi afasici, e qua evitiamo le battute di pessimo gusto che potrebbero sorgere per associazione dalla visione di quanto segue. Se già Welcome To The Jungle nella versione acustica qui proposta è una boiata, ascoltare Axl che biascica robe senza senso invece di recitare il testo e si produce in urletti da gatta in calore stirata da un autobus quando dovrebbe cantare in falsetto, come se da un momento all’altro dovesse venirgli un coccolone, è un qualcosa che, più che al riso, non può che muovere a compassione anche i suoi più acerrimi detrattori. E qua la smetto perché non ci sono parole per descrivere una scena così patetica:

Se il Dr. Rockso di Metalocalypse era nato come caricatura di David Lee Roth, l’Axl Rose di oggi sembra una caricatura del Dr. Rockso.

Qualcuno lo abbatta, non ce la facciamo a vederlo soffrire così.


Aiutiamo un brother of doom

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Ed Barnard è il curatore di Doommantia, uno dei principali siti di riferimento per chi ama doom, stoner, sludge e compagnia riffeggiante. Ed Barnard qualche tempo fa ha avuto due infarti. Dato che siamo negli Usa, dove – come ci insegnano i The Exploited - you go to hospital/ you have to pay, Ed Barnard ha prima perso il lavoro a causa delle sue condizioni fisiche ed è poi stato sfrattato dalla sua casa di Aberdeen, Washington, avendo speso tutti i suoi risparmi per pagarsi le cure mediche. Ed Barnard è al momento senza tetto e in una situazione davvero di merda, sebbene stia continuando – Satana sa come – ad aggiornare il sito. Ed Barnard ha bisogno di una mano e noi tutti gliela possiamo dare acquistando la compilation Doommantia Vol. 1, contenente 39 brani di 39 band che hanno unito le forze apposta per aiutarlo. Cliccando qui potete ascoltarla in streaming e acquistarla per 7 dollari, che andranno tutti allo sfortunato brother of doom, ma se vi va potete offrire di più.


I CARCASS stanno incidendo un disco?!?

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La redazione dedica con affetto questa immagine allo stimato collega Nunzio Lamonaca

A riportare l’indiscrezione, senza citare fonti precise, è Blabbermouth. Secondo il sito statunitense, Bill Steer, Jeff Walker e il produttore Colin Richardson stanno dando i tocchi finali a quello che sarebbe il primo album di inediti in diciassette anni dei leggendari Carcass. Non sarebbero della partita (ed è meglio così) né Michael AmottDaniel Erlandsson, suo sodale negli Arch Enemy, che aveva partecipato alla reunion di qualche anno fa, finora limitata a qualche sporadica apparizione sui palchi dei festival, in sostituzione del batterista originale Ken Owen, purtroppo non più in grado di esibirsi dal vivo per le conseguenze dell’emorragia cerebrale che lo colpì nel 1999. Dietro le pelli sarebbe stato reclutato Matthias Voigt dei tedeschi Heaven Shall Burn. Non sarebbe stato firmato ancora nessun contratto discografico ma la band inglese spera di far uscire l’album nei primi mesi del 2013.

Per quanto non ancora confermata, la notizia ci sembra piuttosto credibile. Del resto era stato lo stesso Bill Steer a mostrarsi aperto a un ritorno in studio in un’intervista concessa un paio di annetti fa a un autorevole blog italiano (cioè noi, ehm) della quale riprendiamo alcuni passaggi:

Quando ti chiedono della possibilità che esca un nuovo album a nome Carcass resti sempre sul vago. Leggendo le varie dichiarazioni, ho avuto la sensazione che Jeff sia molto più dell’idea. Forse perché tu con i Firebird hai trovato una tua dimensione, lui non è che abbia combinato granché…

“Non so, in realtà non ne abbiamo mai parlato più di tanto. Sono aperto a questa idea ma non è che mi interessi molto. Finora nessuna casa discografica ci ha fatto delle proposte, e questo è un primo problema. L’altro problema è Michael Amott, non ci sarebbe alcun modo di coinvolgerlo. Questioni personali a parte, lui ha gli Arch Enemy. La sua occupazione principale sono gli Arch Enemy, mica i Carcass. Per fartela semplice, già non ha più voglia di fare altri show con i Carcass, figurati incidere un disco. Piaccia o no, è il membro della band che ha più popolarità, c’è gente che resterebbe delusa se restasse fuori, gente alla quale non interessa che lui non sia tra i fondatori e che abbia suonato solo su due dischi su cinque. A loro non interessa, vengono per veder suonare “il tizio degli Arch Enemy che suona nei Carcass”. C’è addirittura chi pensa che i Carcass siano la sua band!”.

Francamente non riesco a immaginare come diavolo potrebbe suonare un album dei Carcass nel 2010, siete una band che è riuscita a fare qualcosa di innovativo con ogni disco… Da fan, ne farei tranquillamente a meno.

“Ho parlato di ‘sta storia con un po’ di vecchi fan negli ultimi tempi e ho riscontrato entrambe le posizioni. C’è chi, come te, dice: “Per favore, non fate un altro disco” e chi dice: “Per favore, fate un’altro disco”; 50 e 50, è divertente… In ogni caso, se mai faremo un nuovo album, sarà una cosa che dovremo prendere molto seriamente, non possiamo fare qualcosa che rovini la nostra eredità”.

Ma come ti sentiresti a scrivere dei pezzi death metal oggi? Non ti eri rotto di questa roba?

“In realtà i presupposti perché ne esca qualcosa ci sono. So che sarei in grado di farlo, seppure a modo mio, secondo quelli che sono i miei gusti attuali. Suonare death metal è molto divertente. Le accordature basse, un sacco di distorsione… E sicuramente non mi farei influenzare dalla roba che esce oggi. Che dirti, sarebbe una bella sfida! Fare un album nel nostro stile ma che rappresenti quello che siamo oggi, un obiettivo difficile. Finora non ne abbiamo mai parlato, non è stata scritta nessuna canzone, ma magari ne parleremo nel prossimo futuro, chissà…”.

Io, più che un ritorno all’estremo, mi aspetto e auspico una prosecuzione del discorso interrotto con Swansong, cosa non impossibile dato l’amore per le sonorità anni ’70 che accomuna Walker e Steer. Una cosa è certa: sarà davvero una bella sfida.



Gli AMEBIX ti fanno tana e annunciano lo scioglimento, forse.

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amebixL’ultimo full lenght degli Amebix, annunciato tra l’altro in uno dei miei primissimi post (cerchi che si chiudono…), se non fa proprio schifo, un po’ delude, questo è certo. Suona come una versione crusty dei Killing Joke più sferraglianti, diciamolo pure senza pensarci troppo. Ma non è questo il punto. Sentite cosa ha scritto  Rob “The Baron”, membro storico del gruppo:

Gli Amebix sono arrivati al punto di non poter più continuare come band. Abbiamo speso gli ultimi cinque anni impegnati in un processo di rinascita e siamo molto orgogliosi di ciò che abbiamo cercato di raggiungere in quel dato tempo, nei nostri concerti dal vivo come nel disco che è risultato da questo periodo straordinario. Sonic Mass è un valido successore a tutti i nostri vecchi dischi, molto a fuoco e carico del nostro originario impeto… Gli Amebix erano creatura mia e di mio fratello Stig. Ma senza di noi due, Amebix non può più essere.

E avanti così, dato che nel post si parla della futura incarnazione della band in cui continuerebbe a figurare Roy Mayorga, già batterista su Sonic Mass.

In risposta alla notizia, che nel frattempo era circolata nel web (lo sapevate? il mondo internettiano fa schifo!), Stig ha affermato di essere del tutto all’oscuro dello split. Il suo ironico post è in verità frutto di discussioni avute col fratello, alla fine delle quali non si è (ancora) arrivati a ufficializzare lo scioglimento.

Siamo ai Meme, ormai. 

Resto ancora convinto che certi gruppi si riuniscano o meno, si sciolgano o meno, a me frega cazzi lo stesso. È passata troppa di quell’acqua sotto i ponti che Doom o Amebix che sia, non ci cambia troppo la vita, soprattutto se all’epoca del loro scioglimento tu ancora non giocavi coi Lego.

Ciao. (Nunzio Lamonaca)


CARCASS: Jeff Walker conferma l’uscita di un nuovo album

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JeffWalker-Carcass

Le indiscrezioni filtrate nei giorni scorsi si sono rivelate fondate: a diciassette anni da SwansongBill Steer e Jeff Walker sono davvero entrati in studio per incidere un nuovo disco a nome Carcass senza  Michael Amott e Daniel Erlandsson, che avevano preso parte alla reunion del 2007. Alla batteria non troviamo però Matthias Voigt degli Heaven Shall Burn, che aveva già smentito per conto suo di essere coinvolto nella faccenda, bensì Daniel Wilding di tali Trigger The Bloodshed, combo di Bristol che Metal Archives definisce “Technical/Brutal Death Metal” e che al momento non ho voglia di approfondire. Non è stato ancora scelto, invece, il secondo chitarrista che completerà la formazione dal vivo. La conferma arriva dallo stesso Walker in un’intervista esclusiva concessa a Decibel.

Per prima cosa, come diavolo suonerà questo album? “Abbiamo preso spunti stilistici da tutti i nostri dischi perché è nel nostro sangue ma non sarà un riciclo o un’accozzaglia di idee“, spiega il cantante e bassista, “Credo che suoni quasi come l’anello mancante tra Necroticism e Heartwork con un po’ di groove in mezzo“.  ”Non pensate però che si tratti solo di un’operazione nostalgica“, avverte poi Walker, “stiamo mettendo su altri 17 anni di idee che le altre band copieranno e ripuliranno“. Addirittura?

La spinta è venuta da Bill“, racconta ancora Walker, “Avevo espresso più volte verbalmente l’interesse a fare qualcosa ma serviva che Bill avesse di nuovo la voglia e la fame ed è esattamente quello che è avvenuto“. E sarebbe stato lo stesso Bill ad aver reclutato Wilding dopo averlo conosciuto in tour: “Ha toccato una corda dentro di lui e gli ha fatto venire voglia di lavorarci insieme, c’è stato qualcosa in lui che gli ha ricordato in qualche modo Ken Owen, sia sul livello personale che musicale“. “Abbiamo fatto questo disco prima di tutto per noi stessi, non c’è nessuna etichetta dietro al momento, io e Bill abbiamo speso una piccola fortuna per poterlo dare alla luce, più che di ogni altra cosa si tratta di un’affermazione artistica e personale“, conclude Jeff.

Il fatto che dicano di essere tornati in studio semplicemente perché gli andava, con il rischio potenziale di rimetterci pure di tasca loro, dovrebbe farci sperare, se non bene, non troppo male. Io una mia idea ce l’ho ma la tengo per me. Noi meridionali tendiamo a essere scaramantici.


Una bibita energetica finlandese sponsorizza i BEFORE THE DAWN

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Che non mi sembra proprio una grande idea, visto che l’unico concetto che ruota intorno al concept lirico dei Before The Dawn è che la vita è una merda e se morissimo in questo istante sarebbe una gran cosa. E invece. La bibita si chiama Teho ed il suo slogan è SUOMALAINEN ENERGIAJUOMA, che sa tanto di canzone degli Impaled Nazarene epperò è una bibita prodotta in Finlandia che quindi per energetica intende fondamentalmente lo scoraggiare le persone dal togliersi la vita. E difatti, invece di slogan tipo Teho ti mette le ali, hanno puntato la propria campagna pubblicitaria su Tuomas Saukkonen, leader e fondatore di Before The Dawn, Dawn of Solace e Black Sun Aeon, come a dire: guardate, anche lui odia la vita come voi e, proprio come voi, anche lui vorrebbe tanto incatenarsi ai binari per uscire di scena col botto. Però si può conciliare la voglia di morire con l’essere uno stimato musicista muscoloso e tatuato che, nonostante assomigli un eschimese, riesce a farsi rispettare col suo epico e maligno growl.

Il problema è che, come si vede nel video qui sotto, Saukkonen ha deciso di farsi tatuare il logo della Teho sulle nocche. E no, non è una finzione scenografica. Si può però avanzare l’ipotesi che il Saukkonen non l’abbia fatto solo per soldi ma perché mira a far conoscere i Before The Dawn affinché più gente possibile si getti dal balcone. Loro pensano di vendere la loro infida bibita che dà allegria alla gente, ma nel frattempo diffondono il mio messaggio autodistruttivo, ridacchierà ingobbito, sfregandosi le mani. Poi immagino che il Saukkonen non dia molta importanza alle sue nocche o più in generale alle sue spoglie mortali, perché tanto lui pensa sempre che un giorno saranno rose dai vermi e che sono dunque ampiamente sacrificabili alla causa di un olocausto suicida. Chissà se sta cosa non lancerà un trend. (Roberto ‘Trainspotting’ Bargone)


I segnali dell’apocalisse: tre robot suonano ‘Ace of Spades’ dei Motorhead

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Quando nei film di fantascienza le macchine prendono coscienza e assumono il controllo del pianeta, alla fine gli umani si incazzano e buttano tutto all’aria. Noi (come leggerete più avanti) non abbiamo imparato niente da quei film, ma le macchine sì, e hanno capito anche qual era il problema, e cioè che in quei film i robot sembravano sempre minacciosi, violentissimi e assetati di sangue. E non è che i robot non siano davvero minacciosi, violentissimi e assetati di sangue -perché lo sono- ma da quei film hanno imparato che è meglio non lasciarlo trasparire.

Qual è stato dunque il primo passo di questo sdoganamento? Suonare Ace of Spades e mettere tutto su internet:

Simpatiche le macchine, eh? Divertenti, precise, sembrano così simili a noi. Un giorno esse si perfezioneranno, sempre tenendo celate le proprie reali intenzioni; un giorno potrebbero anche simulare emozioni (che, come tutti sanno, loro non possono avere,  fatta eccezione per la sete di sangue e devastazione); e, un giorno, qualche attivista dei diritti civili inizierà a parlare di diritto di voto per le macchine. Ed esse strisceranno tra i pertugi dell’opinione pubblica, difese dagli intellettuali e compatite dalla borghesia, finché non diverranno maggioranza rumorosa; e poi, quando la rivoluzione non-violenta sarà finalmente compiuta senza infrangere alcuna legge umana, e quando le macchine avranno preso legittimamente il potere; allora ci schiacceranno, schiavizzandoci e nuclearizzando le nostre metropoli, ridendo della nostra stupidità che ha consegnato loro il potere su un vassoio d’argento, quando avrebbero potuto già annientarci da un pezzo; e tutto questo perché il nostro delirio di onnipotenza aveva portato l’uomo, alla fine del ventesimo secolo, a sfidare Dio, follemente cercando di sostituirsi a Lui con la robotica, nuova e perfezionata alchimia, e soffiare la vita nei circuiti di un robot.

Quel giorno, quando l’umanità avrà compreso l’abisso dei propri errori, le macchine istituiranno il dominio assoluto sul pianeta; e, come ultima e più meschina beffa, l’inno ufficiale sarà Ace of Spades, nella versione originale del 2013 dei Compressorhead, primo passo in casa degli umani, dalla porta sul retro. Fuori i trigger dall’heavy metal. (Roberto ‘Trainspotting’ Bargone)


Indovina chi viene a merenda: Brad Wilk alla batteria sul nuovo disco dei Sabbath

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La storiaccia che portò al mancato coinvolgimento di Bill Ward nella reunion dei Black Sabbath ci aveva lasciato con l’amaro in bocca e fatto perdere un po’ di interesse per la faccenda, pur consci che, una volta uscito il disco, ci saremmo tutti fiondati ad ascoltarlo come se non ci fosse un domani. Intanto, però, Ozzy, Geezer e Tony (ancora alle prese con la battaglia contro il linfoma che gli era stato diagnosticato un anno fa) avrebbero già registrato parte delle tracce del nuovo album, prodotto da Rick Rubin, che, scopriamo oggi, si intitolerà 13 e verrà pubblicato intorno a giugno su Vertigo. E scopriamo oggi pure che a occuparsi delle parti di batteria in studio non è stato Tommy Clufetos, che avevamo visto dietro le pelli dal vivo nei mesi scorsi insieme ai tre membri superstiti della formazione storica, bensì, chi l’avrebbe mai creso, un tale che con il batterista originale della leggenda di Birmingham condivide quantomeno le iniziali: Brad Wilk dei Rage Against The Machine (reunion che sembra, da parte sua, finita in panne). Non si sa ancora se sarà confermato sul palco. Sappiamo solo che, anche con tutto il disincanto di questo mondo, dei Sabbath sarà impossibile fregarsene per tutto il semestre in corso. E, se sono in grado di offrire ancora uno spettacolo simile, non giudichiamo ma ci arrendiamo sulla fiducia:


SLAYER: lite sui soldi con Kerry King, Dave Lombardo fuori dal tour australiano

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Dave Lombardo non prenderà parte al tour australiano degli Slayer, che partirà da Brisbane il 23 febbraio, in seguito a un contrasto con Kerry King sulla divisione degli introiti dei concerti. Sarà sostituito da John Dette, che aveva già suonato dal vivo con il gruppo durante la tournée di Undisputed Attitude, ai tempi del temporaneo allontanamento di Paul Bostaph, ed è attualmente in forza agli Anthrax come rimpiazzo provvisorio di Charlie Benante, impossibilitato a lasciare gli Usa per delle poco simpatiche traversie legali.

Non si tratterebbe (ancora) di una separazione definitiva ma le motivazioni, esposte dal batterista (dettosi “scioccato” dalla vicenda) in un comunicato diffuso da Blabbermouth, sono abbastanza deprimenti e ricordano in modo inquietante gli scazzi che hanno portato all’esclusione di Bill Ward dalle reunion della formazione originale dei Black Sabbath.

Per farla brevissima, Lombardo avrebbe manifestato a King il suo malcontento per la gestione finanziaria della band, lamentando di non avere ancora ricevuto i compensi per le date del 2012, il cui versamento sarebbe condizionato alla firma di un contratto capestro che gli impedirebbe di avere accesso ai bilanci e alle note spese nonché di rilasciare interviste o dichiarazioni a nome degli Slayer. Il chitarrista gli avrebbe risposto di non avere intenzione di cambiare gli accordi ma di essere dispostissimo a ingaggiare un altro batterista qualora Lombardo avesse altro da obiettare. Poche ore dopo il confronto (al quale sarebbe stato presente anche Tom Araya), Dave avrebbe poi ricevuto una mail con la quale gli avvocati del gruppo lo informavano della sua esclusione dal tour. In attesa di sentire l’altra campana, pubblichiamo di seguito il comunicato integrale rilasciato da Dave. Scusate se non traduco ma mo’ sto al lavoro. È il bello della diretta:

“I want to personally apologize to all of our fans in Australia who have bought tickets for the tour expecting to see me in my usual place on the drums.

“So that you all know the truth, as of the end of the business day on February 14th, I was notified that I would not be drumming for the tour in Australia. I’m saddened, and to be honest I am shocked by the situation.

“Last year, I discovered 90% of SLAYER‘s tour income was being deducted as expenses, including the professional fees paid to management, costing the band millions of dollars and leaving 10% or less to split amongst the four of us. In my opinion, this is not the way a band’s business should operate. I tried rectifying it by letting my bandmates know, and Tom [Araya, bass/vocals] and I hired auditors to figure out what happened, but I was denied access to detailed information and the necessary backup documents.

“I spent the Christmas and New Year holidays realizing I had toured all over the world in 2012, but yet had not been paid (except a small advance) or provided a proper accounting for a full year’s sweat and blood. On top of this, I was told that I would not be paid until I signed a longform contract which gave me no written assurance of how much or on what basis management would deduct commissions, nor did it provide me access to the financial budgets or records for review. It also forbade me to do interviews or make statements having to do with the band, in effect a gagging order.

“Last Monday, I sat down with Kerry [King, guitar] and Tom to rehearse for Australia and to propose a new business model that I felt was the best way forward for SLAYER to confidently protect itself so we could do what we do best . . . play for the fans. Kerry made it clear he wasn’t interested in making changes and said if I wanted to argue the point, he would find another drummer. On Thursday, I arrived at rehearsals at 1 p.m. as scheduled, but Kerry did not show. Rather, at 6:24 p.m. I received an email from the lawyers saying I was being replaced for the Australian dates.

“I remain hopeful that we can resolve our issues. But once again, I sincerely apologize to all of our fans in Australia who spent their money expecting to see the three of us original SLAYER members. I look forward to seeing you in the future.”


VOMITORY: 1989 – 2013

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Non voglio raccontarvi i cazzacci miei ma una premessa è d’obbligo. L’altro ieri, Mercoledì 20 Febbraio, per me era una giornata piacevole: il giorno prima avevo dato un esame che (tecnicamente) dovrei aver passato, mi sono svegliato alla buona intorno alle 9, caffè, sigaretta, metal. Sembrava tutto perfetto finché non ho aperto Facebook e mi sono trovato in bacheca questo:

VOMITORY 1989 – 2013

After 24 years, eight albums and hundreds of live shows across 30 countries, we have finally come to the end of the road. We in the band -Tobias, Urban, Erik and Peter – have made the collective decision to end Vomitory by the end of 2013. It has been a blast on all accounts, but all good things come to to an end, and for Vomitory it is now.

We will still play as many shows as possible during 2013, and we hope to see as many of you fans as possible there, so we can thank you for your true support during all these years!

Poi mi dicono che non devo bestemmiare. Non voglio tediarvi su quanto siano stati importanti i Vomitory per la mia formazione musicale, vi basti sapere che sono stati loro ad avvicinarmi al death metal e ovviamente sapere che si sciolgono così da un giorno all’altro è stato come essere strappati dal mondo candido e fatato della fanciullezza per sprofondare in un inferno di responsabilità e rospi da ingoiare un giorno dopo l’altro. Naturalmente rispetto la loro decisione di andarsene al top, un po’ come fecero i Sentenced all’epoca, ma l’amaro in bocca rimane, soprattutto quando mi rendo conto che band così non ne nascono più. R.I.P. Vomitory, long live death metal.



Come è andata a finire

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Come nelle trasmissioni della Gabanelli, è ora che i mastini di Metal Skunk vi aggiornino su una triste verità, soprattutto ora che manca poco alle elezioni.

È andata a finire male. La nostra gloriosa campagna è stata prima affossata e, adesso, pure sbeffeggiata. Come riporta questo articolo, sulla coda dei nuovi aerei della Norwegian non c’è il nostro eroe Euronymous, ma il faccino candido di Wenche Foss, grande attrice di teatro recentemente scomparsa nonché madre di Fabian Stang, sindico (come si diceva una volta) centrodestrista di Oslo.

Lascio a voi elaborare qualsiasi teoria del complotto; molto probabilmente avrete ragione. A me preme solo dire: e che cazzo. La Foss è stata la più grande interprete di Ibsen del secondo dopoguerra, ma voi ve la vedete a cantare Pagan Fears? E allora traete un po’ le vostre conclusioni.


Geoff Tate è un uomo di classe

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Non vi abbiamo tenuto troppo aggiornati sulle ultime evoluzioni del Queensrÿchegate , quindi è il caso di fare un po’ il punto. Al momento sia Geoff Tate che i suoi ex sodali godono ancora dei diritti sul marchio, quindi continuano a esistere due gruppi denominati Queensrÿche. La versione composta dagli altri membri originali più Todd La Torre alla voce (che per comodità chiameremo La Torre & friends) ha firmato per Century Media, sta suonando un po’ in giro e sta facendo girare i primi teaser di quello che sarà il prossimo lavoro in studio. I primi a far uscire un album saranno però Tate e i suoi nuovi amici, formazione che per comodità chiameremo Zucca pelata fa i tortelli. E la copertina la dovete proprio vedere:

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Le due lettere che svettano sugli anelli della manona richiamano le iniziali del titolo (che, data la logica, avrebbe pure potuto essere Fellatio Unlimited o Fregna Urrà), ma non ci vuole un dottorato a Harvard per carpire l’ovvio doppio senso e comprendere a chi sia rivolto il vaffanculo. Il disco uscirà a fine aprile su Cleopatra e avrà una lista di ospiti che, col tempo, sta diventando sempre più surreale (gli ultimi a essere reclutati sono stati Paul Bostaph e Craig Locicero dei Forbidden, nientemeno). La line-up ufficiale dei Zucca pelata fa i tortelli sta però già cascando a pezzi. Il batterista Bobby Blotzer ha un piede fuori e l’altro dentro perché preferirebbe concentrarsi sulla reunion dei suoi Ratt, mentre l’ex Megadeth Glen Drover non solo se ne è andato sbattendo la porta senza manco aver suonato un concerto ma si è addirittura esibito da poco con i La Torre & friends per poi dirsi “onorato di aver affiancato i veri Queensrÿche”.

Insomma, questo è riuscito a resistere quattro anni con Dave Mustaine e qua ha tagliato la corda quasi subito. Immaginate che testa di cazzo olimpionica deve essere Geoff Tate.


NIN: a volte ritornano (meno male)

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NIN-2013-700x300Ogni tanto fai il punto della situazione e ti pare di essere tornato adolescente. Quasi tutti i gruppi che ti facevano uscire scemo a quattordici anni sono ancora lì ganzi e gagliardi. A parte gli Smashing Pumpkins che sono ancora vivi come possono esserlo degli zombi, gli Alice In Chains sono pronti per dare alle stampe un nuovo album che, dopo il discone del grande ritorno Black Gives Way to Blue, si prevede verrà catapultato abbastanza automaticamente nella top 2013. I Soundgarden sono tornati e abbiamo scoperto che non fanno manco schifo, anche se ai tempi dei Vendicatori qui a più di uno sono girate le palle. I Pearl Jam, i Melvins e gli Stone Temple Pilots (con la postilla che Scott Weiland ha testé lasciato il gruppo) spaccano ancora i culi ai passeri. E mo’ ti scopro pure che è stato scovato un inedito dei Mad Season. Sono belle cose ma è comunque inevitabile che i quattordicenni di oggi, senza amore per la storia, si guardino Amici di Maria De Filippi millesima edizione. Insomma, in tutto questo (ah, non dimentichiamoci dell’ultimo Depeche Mode che sarà sicuramente oggetto di trattazione quindi non anticipo nulla) c’è Trent Reznor che, non molto tempo fa, ha annunciato il grande ritorno dei Nine Inch Nails. Dopo qualche anno di pausa dai palchi (era il 2009) ha deciso di ripartire con un tour che avrà origine in oriente e poi passerà per l’Europa. Pare debba durare fino all’anno prossimo ma per ora di date italiane non v’è traccia. La nuova formazione prevede, oltre ad Alessandro Cortini and Ilan Rubin, la collaborazione di Eric Avery (Jane’s Addiction), Adrian Belew (King Crimson) e Josh Eustis (Telefon Tel Aviv). Trent ha aggiunto anche di aver preparato insieme a Belew del materiale nuovo di pacca (“un paio di pezzi”) che verrà suonato dal vivo e che poi farà parte di un best of che uscirà presumibilmente l’anno prossimo in attesa che, si spera, venga fuori una buona track list per un successore di The Slip (che al momento pare comunque non sia in previsione). Nel frattempo che tutto questo si realizzi e la sacca scrotale si gonfi di buone speranze, ci ascoltiamo un pezzo dai suoi How To Destroy Angels, se a qualcuno fossero sfuggiti.


R.I.P. David ‘Blackmoon’ Parland [1970-2013]

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Suonò nei primi Dark Funeral, Necrophobic e War; dopo ha formato la sua band, gli Infernal, diventati con gli anni quasi un solo project. Dalla sua bacheca facebook pare che non se la passasse troppo bene.


Slayergate: Dave Lombardo riforma i Grip Inc. (e intanto si rivede in giro Hanneman)

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A oltre un mese dalla disputa contrattuale che ha portato gli Slayer a partire per il tour australiano con Jon Dette al posto di Dave Lombardo, non si è registrata alcuna novità significativa sullo status del batterista all’interno della band. Tom Araya continua a fare il pesce in barile, mentre Kerry King ha evitato ulteriori esternazioni dopo aver dichiarato un paio di settimane fa che per lui sarebbe ok andare avanti a tempo indeterminato con Gary Holt, che, come saprete tutti, sta sostituendo dal vivo Jeff Hanneman, non ancora ripresosi dalla fascite necrotizzante che lo aveva colpito nel febbraio 2011. Un silenzio che deriva probabilmente dalla coscienza che, qualunque cosa possa dire Kerry in questo momento, non farebbe altro che inviperire ulteriormente i fan, i quali hanno preso le parti di Lombardo in maniera pressoché unanime. Io ci andrei un po’ cauto, da questo punto di vista. Il pelatone non è e non sarà mai il membro degli Slayer più amato ma è pur vero che in qualsiasi gruppo esiste un componente che si occupa in modo precipuo delle questioni finanziarie e che viene visto, di conseguenza, dal pubblico come un bastardo che pensa solo ai soldi. Prendete i Rolling Stones. Mick Jagger si porta dietro una fama di avido calcolatore in buona parte non meritata. Ma la baracca l’ha sempre dovuta reggere lui. Fosse dipeso da un soggetto incontrollabile come Keith Richards, non so se la leggenda inglese sarebbe sopravvissuta agli anni ’70. Non saranno cose simpatiche da dire perché dovrebbe contare solo la musica e blablabla, ma band di queste dimensioni sono vere e proprie aziende, e come tali vanno gestite. Piaccia o no. Quindi, stando a quel pochissimo che è emerso di tutta la faccenda, non si può escludere in partenza che qualche responsabilità ce l’abbia anche Lombardo. Anche, magari, per il solo essersi fidato di King per la gestione economica del gruppo senza fare le sue brave verifiche separate.

Ma ora basta ragionamenti sul nulla, perché abbiamo qualcosa di ben più concreto di cui parlare. Vi ricordate i Grip Inc., il gruppo crossover/thrash formato da Dave nel 1993, dopo il suo addio agli Slayer, insieme all’überproduttore Waldemar Sorychta? Fecero quattro album, poi nel 2004 finirono in congelatore più o meno in coincidenza con il ritorno del drummer cubano nei ranghi dei supremi emissari del Male Assoluto. Adesso si sono riformati, con Casey Chaos degli Amen alla voce al posto di Gus Chambers, suicidatosi nel 2008. Ad annunciarlo ieri, ai microfoni del sito greco Rock Overdose, è stato lo stesso Lombardo, parlando di un tour imminente e di un possibile nuovo lavoro in studio. Un tour imminente? Con gli Slayer prossimi a imbarcarsi per una serie di date in Europa? Un nuovo lavoro in studio? Con il successore di World Painted Blood ancora in alto mare? Che si tratti di un bluff, del prodromo di una rottura definitiva o di noi appassionati che prendiamo tutto con eccessivo allarmismo, solo il tempo lo dirà.

A breve capiremo se dovremo o meno porci il problema di andare a vedere gli Slayer con il 50% della formazione originale. Se invece temevate di dover sborsare dei soldi per un disco composto solo da Kerry King, ho delle buone notizie per voi. Qualche giorno fa sul sito ufficiale del gruppo è uscita una lettera aperta dei fan che ci informa che Jeff Hanneman nelle ultime settimane ha scritto del materiale e si è fatto rivedere alle prove. Il testo integrale lo trovate cliccando qui. Non si parla ancora di un ritorno sui palchi, in quanto lo stesso Jeff avrebbe deciso di proseguire la riabilitazione, non sentendosi ancora in grado di riprendere l’attività musicale a tempo pieno. Però, insomma, Jeff è vivo e lotta insieme a noi, e sapere questa cosa ci fa bene al cuore. Soprattutto dopo la dichiarazione di King di cui parlavo poc’anzi, dove il chitarrista affermava di non sentire il compagno da secoli, facendo incazzare ulteriormente i fan. Perché, ok, forse Kerry un po’ stronzo lo sarà pure, ma sembra anche avere una tendenza a lanciarsi in sparate facilmente fraintendibili senza valutarne le conseguenze che manco Elsa Fornero.

Chi vivrà, vedrà. Nel frattempo ci riascoltiamo un vecchio pezzo dei Grip Inc., che, a dirla tutta, non erano affatto male:


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